Occorre “una road map per la ripartenza in modo da non lasciare sulla graticola un intero settore”. Il tutto con una garanzia: la sicurezza sarà al primo posto. Dunque mascherine, sanificazione degli impianti, controllo della temperatura corporea in ingresso, orari ridotti e distanze tra i visitatori dovranno, gioco forza, ‘convivere’ con il divertimento in tempi di coronavirus.
Un ‘modello’ cinese ‘adattato’ alla realtà occidentale: Riccardo Marcante, direttore generale di Mirabilandia, il parco divertimenti a Ravenna, più grande d’Italia, intervistato dall’AGI, auspica di non perdere l’intera stagione e chiede al governo risposte “coerenti e precise” per la cosiddetta ‘fase due’ del coronavirus.
“Siamo pronti a riaprire assicurando la massima sicurezza. Non possiamo permetterci alcun rischio per i nostri visitatori. So bene che non è possibile, al momento, stabilire una data. Ma - sono le parole del general manager di Mirabilandia - chiedo al governo di prendere una linea chiara e di seguirla coinvolgendo maggiormente gli operatori del turismo. Essere considerati quasi come uno degli ultimi settori con cui confrontarsi credo non faccia bene a nessuno”.
L’esempio, da seguire per la ripartenza in tempi di Covid-19, seppur non così ‘severo’ potrebbe essere quello dei parchi di divertimenti aperti al pubblico in Cina, il Paese dove è nata la pandemia e allo stesso tempo il primo a riuscire a ripartire. Infatti, se arriverà il semaforo verde per aprire i cancelli, nulla a Mirabilandia sarà lasciato al caso in termini di sicurezza.
“Stiamo seguendo quello che stanno facendo in Cina applicandolo alla realtà occidentale. Ad esempio – annuncia il general manager - ridurremo l’orario di l’attività delle attrazioni limitando anche l’afflusso di persone. Non si sarà la tradizionale sfilata conclusiva e per garantire la distanza di sicurezza alterneremo i posti e i vagoni nelle montagne russe. Dovremo poi prevedere l’igienizzazione delle macchine tra una corsa e l’altra. Inoltre, penso che sarà inevitabile l’utilizzo delle mascherine e, se richiesto, siamo pronti ad allestire un sistema di monitoraggio della temperatura corporea per chi entra nel parco. La sicurezza deve essere la nostra bussola”, è il messaggio di Marcante.
Misure che potrebbero penalizzare un po' il divertimento ma “si fa di necessità virtù”.
Mirabilandia (850mila metri quadrati nei pressi della pineta di Classe) è di proprietà dal 2006 del gruppo spagnolo Parques Reunidos, tra i leader internazionali del settore del divertimento proprietaria di una sessantina di parchi in tutto il mondo (dall’Europa, all’Australia, all’Argentina). Ora tutti i dipendenti, circa un centinaio a parco chiuso, lavorano da casa.
Nel parco ci sono solo gli addetti alla manutenzione per ‘oliare’ gli ingranaggi pronti a ripartire in attesa di un eventuale via libera del governo. Se non dovesse arrivare, il rischio è perdere gli incassi di un’intera stagione: da Pasqua a Halloween (4 aprile – 2 novembre). E non riuscire ad ammortizzare costi.
“Una stagione porta a Mirabilandia circa un milione e mezzo di persone per circa 50 milioni di ricavi consolidati. A questo - spiega Marcante - si aggiungono circa 12 milioni di costi già sostenuti a parco chiuso, che non potranno essere recuperati se non riusciremo a riaprire quest’anno”.
Numeri significativi a cui si aggiungono i danni economici per i lavoratori stagionali. Circa 900 persone, tra l’altro “escluse dai 600 euro erogati dal governo “perché il codice Ateco dei parchi di divertimento non è stato incluso nella lista dei lavoratori stagionali del turismo. Questa è un’assurdità”, conclude il direttore generale di Mirabilandia.