Gli Usa sono più rapidi nell'aiutare le famiglie, in particolare nel sostenere i loro redditi colpiti dagli effetti della pandemia da coronavirus, rispetto all'Europa. Nel Vecchio Continente, tutti i principali Paesi sono scesi in campo per sostenere la forza lavoro: in un report, il Centro Studi di Confindustria analizza le varie misure. Ecco quello che è stato fatto finora per sostenere i redditi da lavoro.
L'Italia ha impegnato finora risorse per 5 miliardi
Con il dl Cura Italia, il Governo ha impegnato risorse pari a 5 miliardi di eurom, introducendo ampie modifiche procedurali retroattive (per sospensioni/riduzioni di attività dal 23 febbraio). I datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare domanda per Cassa Integrazione Ordinaria (CIGO) con causale “emergenza COVID-19”, con benefici e semplificazioni ma per una durata massima di nove settimane (e comunque non oltre agosto 2020). Il finanziamento per queste prestazioni è pari a 1,3 miliardi di euro.
Anche le aziende che al 23 febbraio avessero in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario (CIGS) possono presentare domanda di CIGO per COVID-19, con gli stessi benefici e semplificazioni della domanda di CIGO per COVID-19 e sempre per un periodo non superiore a nove settimane. La concessione del trattamento ordinario sospende e sostituisce il trattamento di integrazione straordinario già in corso.
Il finanziamento per queste prestazioni è pari a 338 milioni di euro. Inoltre viene riconosciuta la Cassa integrazione in deroga ai datori di lavoro del settore privato che non hanno diritto né alla CIGO né ai fondi di solidarietà bilaterali, con un finanziamento pari a 3,3 miliardi di euro. Il DL Cura Italia include una misura che prevede per tutte le imprese il divieto di licenziamenti individuali (per ragioni economiche) e collettivi per 60 giorni.
La Germania corre in soccorso di 2,5 milioni di lavoratori
Il Governo tedesco il 13 marzo ha annunciato misure di sostegno al reddito dei lavoratori, valide retroattivamente dal 1° marzo. In particolare, per abbassare il rischio di licenziamenti, ha reso più facile l’accesso al Kurzabeit, programma di riduzione dell’orario di lavoro simile alla nostra Cassa integrazione.
I lavoratori in Kurzarbeit ricevono dallo stato parziale compensazione per la retribuzione persa a causa della riduzione degli orari (60% del salario netto perso, 67% se hanno figli a carico). In queste circostanze straordinarie, le seguenti regole sono state modificate: le imprese possono accedere al programma per una riduzione di orario che coinvolga anche solo il 10% dei lavoratori, invece del 33% usuale. l’agenzia federale del lavoro (Bundesagentur für Arbeit, BA) paga per intero i contributi sociali dovuti dal datore di lavoro che utilizza il Kurzarbeit, mentre di solito i contributi sociali rimangono a carico dell’impresa per l’80% della retribuzione persa.
Il Kurzabeit è stato esteso ai lavoratori temporanei e interinali. I lavoratori non devono arrivare ad avere saldo negativo in eventuali “banche ore” prima di poter accedere al Kurzarbeit. Di solito, invece, le imprese devono dimostrare di aver fatto ricorso a tutte le possibilità di riduzioni concordate di orari prima di accedere al programma. Al contrario dell’Italia, la Germania non ha previsto per ora limiti di tempo per l’accesso al Kurzabeit a queste condizioni più flessibili dettate dall’emergenza.
Il governo tedesco prevede che 2,5 milioni di lavoratori useranno tale strumento per un costo totale di circa 10 miliardi di euro. Durante la crisi del 2009 un milione e 400mila lavoratori sono stati coperti dal Kurzabeit. La spesa da affrontare sarà quindi verosimilmente molto superiore a quella sostenuta durante la grande recessione del 2009. Ma il BA, che si finanzia con i contributi versati da aziende e lavoratori, ha accumulato riserve per 26 miliardi di euro, molto più di quanto non fosse alla fine degli anni 2000.
La Francia mette in campo 8,5 miliardi per un periodo di tempo di due mesi
In lockdown dal 17 marzo, ha stanziato circa 8,5 miliardi di euro per sostenere i redditi dei lavoratori per due mesi. Il governo francese prevede infatti che ci sarà un massivo ricorso da parte delle imprese al chomage partiel, il sistema francese di riduzione dell’orario di lavoro. Nella prima settimana di aprile più di 400mila imprese, che impiegano quasi 4 milioni di lavoratori, hanno fatto domanda per il chomage partiel.
I lavoratori in chomage partiel generalmente ricevono un’indennità dal datore di lavoro che copre almeno il 70% del precedente compenso orario lordo (e comunque non meno di 8,03 euro l’ora), o circa l'84% della retribuzione netta, salvo condizioni più favorevoli previste dagli accordi collettivi o da una decisione unilaterale del datore di lavoro.
Il datore a sua volta, per ogni ora di riduzione rispetto all’orario normale, riceve dallo stato un rimborso fisso, pari a 7,74 euro se l’impresa ha fino a 250 dipendenti, che scende a 7,23 per quelle più grandi. Con un decreto del 25 marzo il Governo francese ha apportato le seguenti modifiche al regime di chomage partiel, con effetto retroattivo (per sospensioni/riduzioni di orario dal 1° marzo)2 : il rimborso versato dallo stato all’impresa non è più una somma forfettaria, bensì proporzionale alla remunerazione dei dipendenti posti in attività parziale e tale da garantire il rimborso completo per retribuzioni fino a 4,5 volte il salario minimo (per retribuzioni superiori, l’eccedente rimane a carico del datore).
Il chomage partiel è stato esteso ai lavoratori dipendenti a tempo determinato, in particolare ai cosiddetti salariés au forfait annuel heure/jour, e stagionali. Sia le precedenti regole sia una serie di semplificazioni per l’autorizzazione all’impresa del chomage partiel sono previste in via eccezionale per tutte le imprese che sospendano o riducano l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
In Francia le imprese che abbiano sospeso o ridotto l’attività a causa dell’emergenza sono inoltre incoraggiate ad utilizzare un sussidio speciale per il training (FNE-Formation), tipicamente rivolto ad imprese in ristrutturazione che necessitano di re-indirizzare e/o rafforzare le competenze della forza lavoro. Si tratta di un’iniziativa interessante che suggerisce una strada percorribile anche per altri paesi, ovvero quella di promuovere, in questo periodo di sospensione dell’attività, il coinvolgimento della forza lavoro in corsi di training online, al fine di facilitarne le opportunità lavorative anche all’indomani della crisi, a fronte di quelle trasformazioni tecnologiche e del tessuto produttivo in atto, incluse quelle innescate o accelerate dall’attuale situazione.
La Spagna permette alle imprese di sospendere i contratti o ridurre le giornate
Il 17 marzo Madrid ha varato un pacchetto di misure per far fronte all’emergenza. Tra queste ha predisposto misure che rafforzano le coperture dell’ERTE (Expedientes de Regulación Temporal de Empleo), un meccanismo già esistente che permette temporaneamente alle imprese di sospendere i contratti di lavoro o ridurre le giornate lavorative, a causa di difficoltà economiche, tecniche e organizzative che mettano a rischio la sostenibilità dell’impresa.
Durante l’emergenza, le imprese possono fare ricorso a ERTE per “causa di forza maggiore”, il che comporta una serie di agevolazioni: l’autorizzazione viene concessa entro 5 giorni ed è retroattiva; i contributi sociali sono per il 75% a carico dello stato, per il 100% nel caso di imprese con meno di 50 dipendenti. Al contrario dell’Italia, la Spagna non ha previsto per ora limiti di tempo e di risorse pubbliche per l’accesso all’ERTE a queste condizioni più flessibili dettate dall’emergenza.