Tutto comincia il 30 novembre del 2016 quando l'Opec decide di tagliare la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno, a partire dal primo gennaio del 2017. L'obiettivo dei Paesi produttori è risollevare le quotazioni che all'inizio del 2016 erano precipitate sotto i 30 dollari al barile a causa dell'eccesso di offerta sul mercato.
Per la prima volta ai tagli si uniscono anche altri Paesi esterni al cartello, in primis la Russia. Questo fatto sancisce di fatto la nascita dell'Opec Plus perché agli 1,2 milioni di barili Opec vanno aggiunti altri 600.000 (300.000 in capo alla Russia) che portano i tagli totali a 1,8 milioni. Quello di novembre 2016 rappresenta il primo taglio della produzione effettuato dal cartello dal 2008.
Il tracollo dei prezzi era stato innescato dal vertice Opec del 27 novembre 2014, quando l'Arabia Saudita, leader di fatto del blocco, riusì' a far prevalere la decisione di mantenere l'output invariato nonostante il forte aumento dell'offerta globale legato al boom dello shale oil nordamericano.
L'obiettivo di Riad era proprio far crollare i prezzi per non perdere quote di mercato a favore dei produttori di idrocarburi non convenzionali di Usa e Canada che, sulla carta, avrebbero dovuto finire per cedere alla luce dei costi di produzione molto più elevati rispetto ai Paesi del Golfo.
I produttori di shale oil mostrarono però un'efficienza e una resistenza imprevedibili al tonfo dei prezzi, scesi dai 70 dollari al barile di fine 2014 ai 26-27 dollari al barile del gennaio 2016. A subire invece le conseguenze più pesanti del tracollo furono invece i membri più vulnerabili dell'Opec, come Nigeria e Venezuela, che sopportano costi di produzione che possono arrivare tra gli 80 e i 90 dollari al barile, mentre i Paesi del Golfo Persico (come l'Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar) possono produrre in attivo anche con un barile a 20 dollari, avendo costi molto inferiori.
MAGGIO 2017 - Qualche mese dopo, il 25 maggio 2017, i paesi Opec e non Opec concordano di estendere di ulteriori 9 mesi i tagli alla produzione petrolifera. Aderisce all'intesa anche la Russia, che partecipa alla riunione di Vienna. L'intesa prevede l'estensione fino al marzo del 2018 della riduzione di 1,8 milioni di barili al giorno.
NOVEMBRE 2017 - A novembre non cambia la politica. I Paesi Opec e non Opec estendono i tagli alla produzione di petrolio di 1,8 milioni di barili al giorno fino alla fine del 2018. Per la prima volta vengono incluse la Libia e la Nigeria.
GIUGNO 2018 - A giugno però cambia tutto. L'Opec decide di aumentare la produzione di un milione di barili di petrolio al giorno. A spingere i produttori a questa mossa il rialzo dei prezzi e le potenziali tensioni nel mercato petrolifero. Tra le cause che spingono Russia e Arabia Saudita ad incrementare le estrazioni, le sanzioni Usa all'Iran che secondo le loro previsioni avrebbero tolto quote di greggio al mercato globale. Questa mossa tuttavia si rivelerà sbagliata perché da lì a qualche mese le quotazioni crolleranno nuovamente.
DICEMBRE 2018 - Il 7 dicembre 2018 i 24 paesi dell'Opec Plus fanno una nuova inversione a U e decidono di tornare a tagliare la produzione a partire dal primo gennaio 2019 di 1,2 milioni di barili al giorno. Il meeting viennese non è dei più sereni con il clima reso più teso dall'annuncio del Qatar di lasciare dopo 57 anni l'organizzazione dei paesi produttori di greggio. A rendere ancora più pesante l'atmosfera, le pressioni del presidente Donald Trump a lasciare i livelli invariati, la fermezza dell'Iran che chiede l'esenzione, poi ottenuta, dai tagli e l'incertezza della Russia. Gli 1,2 milioni di tagli vengono cosi' suddivisi: 800.000 barili al giorno in capo all'Opec e 400.000 alla Russia e ai suoi partner. I 14 paesi Opec (Algeria, Angola, Ecuador, Guinea Equatoriale, Gabon, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Venezuela) e i 10 non Opec (Azerbagian, Bahrain, Brunei, Kazakhstan, Malesia, Messico, Oman, Russia, Sudan, Sud Sudan), che insieme rappresentano la metà della produzione globale, decidono di ridurre le estrazioni a causa dell'eccesso di offerta sul mercato che ha fatto crollare i prezzi di oltre il 30% in due mesi. Elemento fondamentale è che l'intesa tiene fuori l'Iran alle prese con le sanzioni statunitensi.
LUGLIO 2019 - A luglio scorso l'Opec Plus non cambia politica ed estende i tagli per nove mesi, fino a marzo 2020.
DICEMBRE 2019 - L'Opec Plus taglia la produzione di altri 500.000 barili al giorno (350.000 in capo ai Paesi Opec e 150.000 ai non Opec) per un totale di 1,7 milioni di barili complessivi. Alcuni Paesi, tra cui principalmente l'Arabia Saudita, si impegnano a una riduzione di quota più consistente su base volontaria portando il totale dei tagli a 2,1 milioni di barili.
MARZO 2020 - Arriviamo a oggi. Il 5 e 6 marzo c'è il meeting Opec Plus a Vienna che decide, anche alla luce della pandemia di coronavirus, di tagliare la produzione di ulteriori 1,5 milioni di barili al giorno, portando i tagli globali a 3,6 milioni, circa il 3,6% delle forniture. La Russia si rifiuta sancendo di fatto la 'morte' dell'organizzazione nata alla fine del 2016. Mosca chiede agli altri partner più tempo per valutare meglio gli effetti della pandemia. La reazione della Arabia Saudita è immediata e molto dura: decide di aumentare export di petrolio e produzione ai livelli massimi dando il via alla cosiddetta 'guerra dei prezzi'. Un mercato inondato dal greggio e una domanda praticamente ferma a causa della chiusura delle attività nelle economia più sviluppate del mondo provocano, a partire dal 6 marzo, un crollo delle quotazioni con i prezzi che arrivano a scendere sotto i 20 dollari.