Potrebbe slittare di un paio di giorni il meeting straordinario dell'Opec+ per dare più tempo alle parti di trovare un accordo che accontenti tutti e per le tensioni che permangono tra Russia e Arabia Saudita. I due Paesi si accusano a vicenda di aver provocato il crollo dei prezzi. La riunione, inizialmente fissata per lunedì 6 aprile, dovrebbe tenersi l'8 o il 9 aprile. L'obiettivo dell'incontro, ovviamente in videoconferenza visti i tempi, è quello di tagliare la produzione di 10 milioni di barili al giorno, una cifra di tutto rispetto. Basti pensare che la produzione giornaliera russa o saudita è ammontata a febbraio, rispettivamente, a 10,7 milioni di barili al giorno e 9,8 milioni.
L'ammontare di greggio che verrebbe tolto dal mercato potrebbe tuttavia non bastare. Ieri l'Agenzia internazionale dell'energia ha ammonito che servirebbe un intervento più incisivo. Secondo il direttore, Fatih Birol, una riduzione della produzione di 10 milioni di barili al giorno non basterebbe a impedire che le scorte mondiali salgano di 15 milioni di barili al giorno nel secondo trimestre.
La riunione avrà come obiettivo la "stabilizzazione" del mercato petrolifero e l'adozione di una "nuova dichiarazione di cooperazione", ha spiegato il ministero dell'Energia dell'Azerbaigian. Intanto la Russia, che il 6 marzo aveva voltato le spalle ai suoi partner rifiutando l'accordo che prevedeva un ulteriore taglio di 1,5 milioni di barili oltre agli 1,7 milioni già in essere, sembra aver cambiato prospettiva. In un mese le quotazioni del Brent hanno perso circa il 60% passando dagli oltre 50 dollari di inizio marzo ai 20 della fine del mese. Il 'gran rifiuto' di Mosca ha provocato l'irritazione dell'Arabia Saudita che ha iniziato a inondare il mercato di greggio a prezzi scontati dando inizio alla 'guerra dei prezzi'. Putin ieri ha dichiarato che "è necessario unire gli sforzi per equilibrare il mercato e ridurre la produzione".
C'è da dire che una grande responsabilità in questa situazione ce l'hanno anche gli Stati Uniti che hanno pressoché annullato gli sforzi dell'Opec+ a partire dal 2017. Negli ultimi due anni infatti gli Usa sono diventati i primi produttori (quasi 13 milioni di barili al giorno) a scapito degli sforzi degli altri paesi, provocando l'irritazione proprio di Mosca.
Secondo il Wsj l'Arabia Saudita vorrebbe che a questo punto siano tutti i paesi produttori, compresi Usa, Canada e Messico a fare sacrifici. Secondo una fonte russa citata dall'agenzia Tass, gli Stati Uniti sarebbero stati invitati a prendere parte all'incontro. Putin ha dichiarato di essere pronto per un accordo con i suoi partner e di "collaborare con gli Stati Uniti". Una partecipazione degli Usa all'Opec+ non solo rappresenterebbe la resurrezione del cartello allargato ma sarebbe una vera e proprio rivoluzione nel mondo petrolifero.
L'accelerazione dell'azione diplomatica dell'amministrazione americana è coincisa con il primo fallimento di una compagnia di fracking, la Whiting Petroleum Corp. Ieri intanto alla Casa Bianca si è svolto il vertice tra Trump e i vertici di ExxonMobil, Chevron e Continental Resources oltre a parlamentari rappresentanti gli Stati del petrolio come il Texas o l’Alaska. Trump sta valutando aiuti per le compagne petrolifere che vanno dalle esenzioni rispetto al pagamento delle royalty (dovute per l'estrazione sul territorio federale) all’imposizione di tariffe sul greggio importato. Il dipartimento per l’Energia ha già offerto spazi per lo stoccaggio di surplus petrolio nelle Riserve Strategiche.
Un analista ha definito le ultime mosse di Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti come una partita a poker. Non è detto che sia finita e i bluff sono sempre dietro l'angolo, conclude.