“Siamo vicini al punto di non ritorno”. Stefano Messina, presidente di AssArmatori, che con 350 navi costituisce la più grande flotta di traghetti nazionale per collegamenti interni e internazionali, lancia l’allarme: “L’epidemia da Covid-19 sta mettendo in ginocchio la flotta italiana con un calo degli incassi di 50 volte inferiore all’anno precedente nel giro di un solo mese”.
“Non un quinto, ma 50 volte”, rimarca Messina, che chiede urgentemente “misure di emergenza” oppure “non ci sarà altra alternativa “al blocco dei collegamenti nazionali operati dai traghetti”. E se non sarà una serrata, sarà comunque ”l’inevitabile approdo al collasso generale di quella che finora rappresenta un’eccellenza mondiale del nostro Paese” spiega il presidente di AssArmatori.
Insomma, “da quando è esplosa l’epidemia Covid-19 la situazione è diventata insostenibile”, dice Messina, secondo il quale “non a tutti è chiara la drammaticità della situazione”. “Serve liquidità immediata”. Per messina non si tratta di miliardi, “ma di qualche decina di milioni” per meglio sostenere il calo delle entrate dovuto al minor flusso dei passeggeri della stagione invernale ma anche da dall’azzeramento delle prenotazioni di questi giorni sino ai prossimi mesi, quelle che in primavera e soprattutto in estate assicurano il flusso di cassa indispensabile alla tenuta dei conti e alla continuità aziendale.
“Noi nel corso dell’attività invernale – spiega Messina – ci sosteniamo grazie agli introiti della stagione estiva che quest’anno rischia di essere compromessa proprio dall’emergenza coronavirus” e anche in forza della cancellazione delle prenotazioni “che per noi sono una cassa anticipata”. “Quel che chiediamo è di sostenere la nostra ripresa” afferma il presidente dell’Associazione degli armatori.
La flotta nazionale è costituita da 1.400 navi, comprese petroliere, rimorchiatori, container, e all’interno di questo parco-navi, 350 sono i traghetti per la Sicilia, la Sardegna, per i collegamenti con le isole minori che servono una popolazione che si aggira tra i 7 e gli 8 milioni di persone. Ma anche per collegamenti internazionali con la Grecia, la Turchia, Malta e Cipro, suddivisi tra 25-30 armatori. E che comprende un numero di 55-60 mila addetti diretti, che sale di altre 35-40 mila unità con l’indotto, cioè il personale dei porti. E che raggiunge complessivamente le 180 mila unità se si considera la logistica, cioè gli addetti “indiretti”.
Una bella cifra, dunque, di lavoratori che rischia di entrare in crisi: “Prendiamo l’incasso una sola società, senza dire qual è, in un confronto con il marzo 2019 è quantomeno disastroso”, dice Stefano Messina: “L’anno scorso è stato di 50 milioni, nel marzo 2020 di un solo milione”. Un abisso. “C’è un’allarme liquidità”, spiega il presidente di AssArmatori, “pertanto chediamo al governo, alle banche, all’Europa, alla Cassa Depositi e Prestiti di mettere in campo linee di credito e tutti gli strumenti necessari per aiutarci a far fronte ad una situazione che si profila catastrofica”.
“Se si bloccano i traghetti, che sono le Autostrade del Mare, si ferma l’Italia”. I collegamenti, certo, “ma anche gli approvvigionamenti, in particolare quelli farmaceutici e alimentari” spiega Messina.
Le due confederazioni degli armatori, AssArmatori e Confitarma, hanno attualmente a disposizione un Fondo di solidarietà che però è di gran lunga insufficiente a fronteggiare una situazione che si presenta grave “soprattutto in termini di prospettiva”, sottolinea ancora Messina, che aggiunge: “Bisogna quindi attivare anche per il settore marittimo tutte le misure conseguenti a partire dalla immediata parificazione dei servizi di collegamento con le isole a quelli aerei considerati di servizio pubblico, con l’estensione ai primi dei benefici garantiti ai secondi dall’articolo 79 del decreto Cura Italia. Occorrerà poi garantire alle nostre imprese l’accesso ai meccanismi di garanzia previsti dall’art. 57 dello stesso decreto, vigilando affinché gli istituti di credito adottino - con altrettanta urgenza - le procedure volte alla erogazione dei finanziamenti”.
Anche questa misura, però, da sola non può bastare – aggiunge subito dopo Messina - c’è anche bisogno di istituire un fondo di compensazione per i danni subiti dalle aziende che esercitano servizi marittimi di trasporto di cabotaggio e di collegamento con le isole e di integrare con capitali pubblici il fondo Solimare che ha finora garantito, con il solo finanziamento diretto delle imprese e dei lavoratori, il sostegno ai marittimi senza lavoro, ma le cui risorse sono adesso insufficienti per sostenere un’emergenza di tale portata”.