Il 12 marzo scorso si è consumato il peggior crollo di Wall Street dai tempi del ‘Black monday’. Era il 19 ottobre del 1987 e quel crash delle borse passò alla storia come il primo dell’era telematica. I computer avevano appena cominciato ad affacciarsi nel mondo degli intermediari finanziari. L’americana Interactive Broker da appena un anno aveva messo a punto il primo sistema di trading basato su algoritmi: i suoi guadagni fecero drizzare le antenne agli investitori, inaugurando una nuova era degli scambi sui mercati azionari.
Il matematico Jim Simmons l’anno successivo lanciò il suo fondo Medallion che introdusse l’analisi quantitativa all’andamento dei titoli. Simmons invece che affidarsi solo alla discrezionalità, alle informazioni e alle decisioni di un trader umano, cominciò ad usare algoritmi e analisi matematica per scrutare la serie storica di un titolo e predirne i comportamenti nell’immediato futuro. Il suo fondo garantì ricavi pari al 66%, lui ottenne il titolo di miliardario più intelligente di Wall Street.
Le reali cause del crollo del 1987 sono ancora un mistero. Ma alcuni cercarono subito di incolpare proprio l’automazione del trading e i computer, seppur in assenza di prove. Quel che è certo è che da allora l’acquisto e la vendita di asset è stata sempre più determinata dalle macchine. Secondo Jp Morgan oggi circa il 10% degli scambi viene gestito da trader umani, i cosiddetti ‘trader discrezionali’. Oltre il 70% delle compravendite è gestito in autonomia da software di analisi quantitativa e algoritmi.
"Il panico dei mercati è un'equazione"
Nel tempo questi sistemi si sono evoluti e oltre all’andamento storico di un titolo hanno cominciato a ‘leggere’ le notizie, i take di agenzia, il prezzo dei beni. Alcuni fondi usano le immagini provenienti dai satelliti per capire, ad esempio, quante auto rimangono invendute, o quanto pieni sono i magazzini. Tutti dati che aiutano macchine sempre più veloci e automatizzate, capaci di operare senza sosta in ogni angolo del globo, a prendere le decisioni migliori: comprare, vendere, spostare gli investimenti da un mercato a un altro.
Ma partendo sempre da fattori reali: come la richiesta di un bene, o il suo prezzo, una crisi, o una pandemia. Cercando anche di carpire gli effetti psicologici. Come l’euforia che domina i periodi di crescita. E il panico quando la crescita sembra aver fatto il suo tempo.
“Il panico dei mercati è un’equazione. C’è una formula matematica che lo regola. I nostri algoritmi provano ad avvicinarsi a questa formula, come a ogni formula che regola la finanza”. Antonio Simeone è l’amministratore delegato di Euklid, fondo di investimento che lavora esclusivamente con algoritmi creato a Londra nel 2018. Nei giorni in cui i mercati sono andati a picco per via del panico scatenato dalla diffusione del coronavirus, il suo portafoglio, composto da una cinquantina di titoli azionari, si è mosso in controtendenza: “Abbiamo segnato un rendimento positivo mentre le borse bruciavano miliardi. Molti fondi hanno perso, ma non tutti”, spiega ad AGI.
Nei giorni precedenti al crack, quando gli indici azionari erano ancora in rialzo, gli algoritmi di Euklid sono riusciti a vedere qualcosa nelle pieghe degli indici azionari. “Si tratta di sfumature, impercettibili all’occhio umano, secondarie per buona parte delle macchine che scrutano gli asset”, ma che i suoi software, custoditi nei computer della società, hanno scrutato a fondo: “I nostri algoritmi osservano modelli e ricorrenze di ogni singolo titolo. Analizzano micro pattern individuati nelle serie storiche dell’andamento di un indice. L’individuazione di ricorrenze, comportamenti simili del mercato, ha consentito alla macchina di suggerirci di andare short”. Ovvero, scommettere sul ribasso del mercato azionario.
Gli errori dei software
È difficile stabilire relazioni causali tra l’informatizzazione del trading e i crolli di borsa. Certo, i software possono commettere errori. Per esempio nel 2016 un algoritmo interpretò male un take dell’agenzia AFP sulla Brexit, impartendo un ordine di vendita e crollò immediatamente il prezzo della sterlina: un flash crash. O ancora nel 2012 la Knight Capital usò un algoritmo in fase di test che impartì ordini di acquisto e vendita fuori controllo, causando un altro ‘flash crash’ del mercato. Ma si tratta di errori, costosissimi errori.
Più complesso attribuire responsabilità di crolli come quelli di queste settimane. Anche perché crolli e bolle nella storia ci sono sempre stati. Dai tulipani del XVII secolo al crollo del ’29 fino alle dotcom e ai sub-prime, a periodi di forte espansione dei mercati sono seguite contrazioni, vendite, fughe precipitose dagli investimenti per cercare di non perdere tutto.
Per Simeone che la fuga avvenga urlando a Wall Street, con un click o un software poco cambia. Il risultato è lo stesso. I suoi algoritmi sono tra quelli che sono solo riusciti ad anticipare la fuga. Ma come ci sono riusciti? “L’idea alla base di Euklid è scrutare la psicologia dei trader”, spiega. “Non solo di quelli umani, ma anche la ‘psicologia delle macchine’. Non siamo i soli a fare algotrading, ma ci sono algoritmi che riescono a scrutare bene la mente dei trader, altri che ci riescono meno”.
Un po’ come avviene per le persone, analizzate più o meno bene, più o meno con competenza e precisione, da uno psicologo. “Gli algoritmi - continua - hanno un’intelligenza diversa da quella umana. Ma noi crediamo che ogni cosa, che si tratti di un comportamento umano, un’azione sul mercato, o un indice azionario, sia regolata da un’equazione. Il nostro obiettivo, se vuoi la nostra utopia, è avvicinarci alle equazioni che regolano tutti i comportamenti”.
Il riconoscimento delle 'micro ricorrenze'
Chi immagina terabyte di dati e server traboccanti di serie storiche in codice binario sbaglia. Non sono i big data il segreto di Euklid, né notizie o immagini satellitari. “Noi ci basiamo sull’osservazione profonda di pochi dati essenziali, a cominciare dal prezzo dei titoli”, argomenta Simeone. Un cocktail di matematica e fisica quantistica, la dieta con la quale Euklid ha allenato i suoi ‘algos’: “Immagina di avere davanti una bottiglia. Con un modello classico io la posso vedere, toccare, immaginare nella sua struttura esterna, nella sua geometria euclidea. Questa è la finanza tradizionale. I nostri algoritmi sono costruiti per osservare in maniera diversa la stessa bottiglia. È come se la guardassero da diverse angolazioni nello stesso momento, per coglierla in profondità. Come se ne carpissero la struttura molecolare, le micro dinamiche interne”.
Un po’ come il cubismo nella storia dell’arte ha moltiplicato la dimensione degli oggetti rappresentati, gli algoritmi di Euklid hanno l’ambizione di disvelare la struttura profonda degli asset, fornendone uno spettro interpretativo più ampio. Ed è proprio dal riconoscimento di micro ricorrenze che hanno previsto il crollo dei mercati, prima ancora che il Covid-19 arrivasse a minacciare l’Occidente: “È questo che ha cambiato tutto”, continua il fondatore società di algotrading, “è per questo che il mercato è crollato. Prima che l’epidemia toccasse l’Italia la situazione era tutto sommato tranquilla, anche perché ci si aspettava una cura entro aprile".
"Ora che la pandemia ha colpito l’Occidente, a cominciare da una piazza importante come l’Italia, i mercati temono le ripercussioni sull’economia. Non è un crack della finanza come è stato nel 2007. Oggi i mercati temono un crack dell’economia reale. Durante un’epidemia la gente non esce di casa, non consuma, non compra. È una crisi molto più pericolosa perché è sanitaria, non finanziaria. E se l’epidemia dovesse colpire la Germania o gli Usa sarebbe la situazione peggiorerebbe ulteriormente”.
Se ne uscirà? “Difficile dirlo”, conclude Simeone, “nemmeno gli algos possono prevedere il futuro. Possono suggerire ricorrenze e comportamenti da adottare, ma il loro compito finisce lì. Ad ogni modo, come dopo una guerra, finita questa pandemia si troverà il modo per ripartire”.
Twitter: @arcangeloroc