L'isolamento e la quarantena in Italia per limitare la diffusione del coronavirus ne stanno mettendo in seria difficoltà l'economia. Non è chiaro se e quando si riuscirà a vedere la fine del tunnel, ma per l'economista Lorenzo Codogno, visiting professor in practice alla London School of Economics e già capo economista del Mef, il virus è "una minaccia senza precedenti” e l'Italia "non potrà uscirne indenne".
Per Codogno, "è una situazione irrisolvibile" e "l'unica speranza che l'Italia ha è di gestire la crisi in maniera oculata, e quindi - spiega interpellato dall'AGI - non fare spesa solo per far spesa, ma farla in maniera molto mirata e temporanea, e cercare di superare questa fase" critica.
In questo "difficile contesto", per Codogno le nuove misure adottate dal Governo nel fine settimana "sono appropriate": "Io non sono un virologo o un esperto di contagio del virus - premette il professore - ma mi sembrano misure efficaci. Si sta cercando di fare quello che ha fatto la Cina - osserva - e cioè limitare l'impatto in un arco temporale breve" così "da renderlo meno drammatico. Così si può recuperare di più successivamente".
Per l'esperto, però, "il problema di fondo è che l'Italia rimane vulnerabile". E che "il coronavirus la sta spingendo in recessione". L'Italia, dice senza mezzi termini l'economista, "non ha margini per far fronte a questa situazione".
Ora che il Governo "ha introdotto le nuove misure, e sperabilmente la maggior parte sarà temporanea - continua nella sua analisi Codogno - inevitabilmente ci sarà un peggioramento del deficit e del debito. E l'Italia dovrà poi ripagarselo questo debito, quindi è indubbio che nel breve periodo le cose peggioreranno. Il rischio è che si metta in moto la solita macchina feroce dell'allargamento di spread e dell'allargamento del cosiddetto doom loop delle banche e del credito sovrano. Le banche cominceranno a respingere il credito e la situazione si avviluppa, e questo è il rischio". Un rischio "non solo concreto, ma imminente. Sta accadendo in queste ore".
La soluzione, insomma, per il docente della London School of Economics, non c'è. "L'Italia avrebbe dovuto mettere il fieno in cascina in tempi di crescita normale - suggerisce - insomma, se l'Italia in passato avesse riportato il deficit in pareggio in tempi rapidi, probabilmente in questo momento avrebbe qualche cartuccia in più da sparare, cosa che invece adesso non ha. In questo momento non abbiamo margine", insiste.
E sulla flessibilità richiesta alla Ue osserva: "L'Italia avrebbe potuto prendersi questa flessibilità anche senza chiedere all'Europa. È ovvio che le spese temporanee legate al coronavirus non vengono incluse nel saldo strutturale. Però il problema non cambia, nel senso che il deficit aumenta, e si tratta di soldi che poi bisognerà pagare. Bisogna chiedere quattrini agli investitori - spiega ancora - bisogna emettere titoli di Stato e convincere gli investitori ad acquistarli e poi alla fine bisogna ripagarli. Non sono soldi, è un credito che viene chiesto".
Per Codogno, dunque, "è un problema da cui non si esce". E prosegue nel ragionamento: "Per stabilizzare l'Europa e consentirle di avere quegli strumenti per far fronte a situazioni di shock esogeni come questa, dovrebbe avere un budget centralizzato, una fiscal capacity centralizzata e un safe asset. In mancanza di questi strumenti la Ue rimane vulnerabile e l'Italia, siccome ha un debito più elevato degli altri Paesi, è molto più vulnerabile".
Questa è la ragione, continua, "per cui bisogna fare le riforme strutturali e mettere i conti pubblici in ordine in tempi normali. Quando arriva l’emergenza è troppo tardi, e ci si ritrova con una situazione di vulnerabilità e con pochi strumenti per contrastare l’impatto economico".
Sul lato della politica monetaria, "se l’impatto coinvolgerà l’intera area dell’euro, la Banca Centrale Europea può fare ancora qualcosa, sia per allentare eventuali problemi di liquidità sia per dare un po’ di stimolo alla domanda. Giovedì sapremo (già troppo tardi) la risposta politica della Bce e il prossimo Eurogruppo il 16 marzo rivaluterà la situazione nell'UE e ulteriori passi, commisurati agli sviluppi. Lasciando da parte una certa flessibilità, non mi aspetto però alcun considerevole stimolo fiscale a livello dell'Eurozona".