I servizi come Uber e Lyft non solo non hanno migliorato il traffico delle città, ma in alcuni casi lo avrebbero addirittura peggiorato. Lo rivela un'inchiesta del Wall Street Journal basata su alcuni studi accademici che dimostrano come queste applicazioni, nate con l'obiettivo di ridurre il numero di auto nelle strade, abbiano tradito la loro promessa iniziale, contribuendo alla congestione delle strade delle città americane dove sono più usate. "Se ogni macchina in giro per San Francisco fosse di Uber, non ci sarebbe più traffico", aveva detto cinque anni fa il cofondatore ed ex amministratore delegato di Uber Travis Kalanick.
L'utopia tradita
Gli sviluppatori di queste app infatti credevano che le loro tecnologie avrebbero contribuito alla riduzione delle auto in strada dando agli utenti la possibilità di condividere percorsi simili. Nelle loro previsioni, gli algoritmi delle app avrebbero dovuto suggerire tragitti e prezzi migliori, così da ottimizzare il tempo trascorso in auto dalle persone e quello speso dagli autisti tra una corsa e l'altra. Strade più libere avrebbero dovuto migliorare anche tempi e qualità del trasporto pubblico, invogliando le persone a usarlo di più, rendendo migliore la qualità dell'aria dei centri, incentivando l'uso delle biciclette, dando vita quindi a un circolo virtuoso di cui avrebbe beneficiato tutta la collettività.
Questo però, sentenzia il Wall Street Journal, non è avvenuto.
La condivisione dei tragitti, spiega il quotidiano, non accade quasi mai, anche a fronte di un risparmio economico. L'efficienza degli algoritmi non si è palesata e gli autisti di questi servizi passano circa il 40% del loro tempo da soli in auto in attesa della chiamata successiva. Oggi si stima che le loro auto contribuiscano al 13% in più del traffico in città statunitensi. Altri studi dimostrano che Uber e Lyft nelle città americane hanno indotto le persone a usare sempre meno il trasporto pubblico, a camminare meno, mentre aumenterebbe il numero delle ore passate in macchina da parte degli utenti.
Un effetto inatteso che ha portato le istituzioni comunali di San Francisco, Chicago e New York, ricorda il quotidiano finanziario, ad aumentare le tasse per queste società proprio a causa del loro impatto sul traffico. E azioni simili sono in dirittura d'arrivo da parte di altre municipalità statunitensi.
Il lato oscuro della tecnologia
Il paradosso di Uber e Lyft, continua il Wall Street Journal, è per certi aspetti identico a quello che ha caratterizzato negli ultimi anni molte le società tecnologiche della Silicon Valley. Ad esempio i social network sono nati con la promessa di avvicinare le persone e facilitare le connessioni tra loro, salvo poi diventare terreno di divisione sociale e diffusione di false informazioni. Le sigarette elettroniche volevano aiutare le persone a smettere con le sigarette, ma hanno trovato terreno fertile soprattutto tra i più giovani abbassando l'età media in cui si inizia a fumare. O ancora, le app di comunicazione criptata volevano salvaguardare la privacy, ma vengono usate anche da criminali che vogliono sfuggire alla legge.
L'analisi del Wsj sembra rientrare quel fenomeno di disillusione nei confronti delle nuove tecnologie che per primo l'Economist nel 2017 definì techlash; il rinculo della tecnologia, la risacca di pessimismo dopo l'onda di entusiasmo che ha accompagnato la Internet economy nella prima decade del nuovo millennio. Gli effetti della disruption della Valley oggi fa emergere soprattutto il suo lato oscuro. In attesa di una sintesi che ne prenda il meglio, lasciandosi alle spalle gli effetti inattesi, o sgraditi.