L'inchiostro della firma che ha suggellato la 'pax commerciale' tra Usa e Cina è ancora fresco, e già nuovi fronti di guerra si affacciano all'orizzonte. Dopo l'atteso accordo preliminare siglato a Washington dal presidente Donald Trump e dal vicepremier cinese Liu He, gli economisti temono ora che lo spettro dei dazi si sposti verso l'Europa o i Paesi emergenti.
"L'intesa con Pechino può creare un deterrente a breve termine, ma è solo uno step", ha osservato Sylvain Broyer, capo economista europeo dell'agenzia di rating Standard and Poor's, temendo che la situazione attuale sia solo "la punta dell'iceberg" della guerra commerciale. Rincara la dose Evelyn Herrmann, direttore di Bofa Research: "L'accordo tra Cina e Stati Uniti è una buona notizia, ma ci sono molte altre cose che il non si possono trascurare".
Il timore principale è che altri Paesi finiscano adesso nel mirino del presidente degli Stati Uniti: "Le tensioni commerciali potrebbero cambiare scenario e l'Europa potrebbe ritrovarsi schiacciata tra i due fronti", ha avvertito Broyer. A Bruxelles questa eventualità è stata presa molto sul serio, soprattutto dal momento che gli Usa hanno già imposto, a partire da ottobre, dazi doganali su vari prodotti europei, dopo il via libera del Wto nell'ambito dell'annosa controversia tra Boeing e Airbus. Che si tratti o meno di una coincidenza, a Washington mentre gli Stati Uniti e la Cina firmavano l'intesa c'era anche il commissario europeo per il Commercio, Phil Hogan, in missione per "rafforzare relazioni commerciali positive" tra Usa e Ue.
"Tutti sono contenti che non siamo più in una logica di escalation della tensione, ma non sappiamo ancora quale sarà il vero l'impatto dell'intesa (tra Washington e Pechino). Con un tale accordo dobbiamo garantire che l'Ue non si trovi bloccata nel mezzo", ha affermato all'AFP una fonte della commissione Ue. "La domanda è ora come si comporteranno gli Stati Uniti con l'Europa", ha sottolineato da Bruxelles Johan Bjerkem, analista politico dell'European Policy Center (Epc), alludendo alle minacce di dazi sulle auto da parte di Trump, misura che penalizzerebbe in particolare l'industria tedesca.
La 'web tax' francese possibile casus belli
La scintilla che potrebbe accendere un'ondata di rappresaglie tariffarie tra le due sponde dell'Atlantico potrebbe essere la tassa sui giganti del Web adottata lo scorso anno dalla Francia. L'amministrazione Trump la ritiene una mossa che discrimina i 'Gafa', acronimo per i giganti americani Google, Amazon, Facebook e Apple, accusa che Parigi ha respinto al mittente.
"Se l'amministrazione Usa decidesse di adottare misure commerciali contro la Francia, e quindi contro l'Ue - ha spiegato ad AFP una fonte del ministero francese dell'Economia - la questione si amplierebbe su scala internazionale. L'Unione difenderà i suoi diritti in modo determinato e proporzionato contro misure Usa che risulterebbero illegali di fronte al Wto".
Nel 2018 gli Stati Uniti sono stati il primo partner commerciale del Vecchio continente con un saldo attivo di 138 miliardi di euro per gli europei, abbastanza per irritare un Donald Trump impegnato a riequilibrare la bilancia commerciale americana.
Perché rischiano anche gli emergenti
Anche i Paesi emergenti temono di pagare un prezzo molto alto per la pace siglata ieri con Pechino. "L'anno scorso, Trump aveva minacciato il Vietnam di sanzioni doganali se non avesse fatto nulla per ridurre il deficit commerciale", ha spiegato Gareth Leather del Capital Economics Institute in una nota. Secondo l'esperto, anche la Thailandia sta iniziando ad attirare l'attenzione di Washington perché il paese "ora soddisfa tutti i criteri americani per qualificarsi come manipolatore di denaro", il che potrebbe portare all'applicazione di tariffe doganali.
I timori vanno oltre le sole sanzioni: nell'accordo firmato a Washington, la Cina si è impegnata ad acquistare 200 miliardi di dollari in ulteriori prodotti statunitensi nei prossimi due anni. I Paesi emergenti, le cui esportazioni hanno sostenuto la Cina negli ultimi anni, potrebbero quindi perdere spazi di mercato a tutto vantaggio degli agricoltori americani.
Inoltre, "l'accordo potrebbe avere ripercussioni commerciali negative sulle esportazioni brasiliane di prodotti agricoli in Cina", in particolare i semi di soia, ha avvertito Pedro da Motta, direttore del think tank Cindes. "Gli stessi settori che hanno beneficiato della guerra commerciale ora potrebbero pagare il prezzo della pace", ha osservato.