Un ministro politico, europeista convinto ma critico, protagonista di una difficile mediazione, in 'casa' e con Bruxelles. A Roberto Gualtieri, già europarlamentare Pd, e ora alla guida del Mef, spetta l'arduo compito di fare la voce grossa in Europa sulla riforma del Fondo salva-stati per garantire la sopravvivenza del governo a Roma, messa a dura prova dalle tensioni interne alla maggioranza sulla manovra.
Il ministro dell'Economia si ritrova così 'stretto' tra i paletti posti da Italia Viva, che ha promesso una battaglia 'no tax' sulla legge di bilancio, e l'aut aut dei 5S sul Meccanismo europeo di stabilità per rinviare la decisione al Parlamento. Il titolare dell'Economia è il vero protagonista della mediazione con l'Ue e ha ottenuto un mandato forte dal premier Giuseppe Conte, confermato anche oggi in Aula, a trattare per inserire la riforma del Mes in una "logica di pacchetto" che comprenda il completamento dell'unione bancaria e la creazione di uno strumento di bilancio per la competitività e la convergenza nell'Eurozona (Bicc).
Gualtieri è finito nel mirino delle opposizioni dopo aver dichiarato in audizione al Senato mercoledì scorso che il negoziato è chiuso. "Il testo è concordato e se chiedete se è possibile riaprire il negoziato vi dico che secondo me no, il testo del trattato è chiuso": queste le parole del ministro che hanno innescato la bagarre politica spingendo il premier Conte e lo stesso Gualtieri a tentare di riaprire la partita con Bruxelles, su pressione dei 5 Stelle.
M5s contesta infatti al titolare dell'Economia di aver trattato senza supporto politico e punta al rinvio della ratifica dell'accordo sul Mes. Gualtieri è pronto a tenere la linea dura con Bruxelles all'Eurogruppo e all'Ecofin questa settimana, e poi al Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre, ma difende l'impianto della riforma, negoziata dal suo predecessore Tria, considerandola un buon compromesso per l'Italia. Ma anche un'opportunità mancata in quanto, essendo frutto di un negoziato, non è certo il massimo che il Paese avrebbe potuto ottenere ma non penalizza e va in una direzione di miglioramento.
La riforma del Mes, sarebbe questo il ragionamento del ministro, è "politicamente" chiusa e quindi ha poco senso riaprire ora l'impalcatura perché nessuno dei ministri delle Finanze dei paesi Ue sarebbe pronto a riavviare il negoziato. L'obiettivo, concordato con Conte, è invece quello di strappare miglioramenti al testo sull'unione bancaria conducendo una trattativa forte.
Come a dire, non si firma il Mes finchè non si ottengono garanzie sul "pacchetto". L'Italia non vuole la ponderazione dei titoli di Stati nei bilanci delle banche e delle assicurazioni. E se si otterrà il via libera a questo sarà poi difficile opporsi al Meccanismo europeo di stabilità.
Ma Gualtieri potrebbe trovarsi alla fine nella difficile posizione di porre il veto dell'Italia e chiedere il rinvio della firma. Proprio per garantire la tenuta del governo sempre più a rischio dopo l'ennesima spaccatura consumatasi nella maggioranza sul decreto fiscale collegato alla manovra. I renziani in commissione Finanze della Camera hanno votato contro l'aumento delle pene per gli evasori - ammorbidite sui reati minori - e a un emendamento del Pd per rinviare l'applicazione della norma dello 'spazzacorrotti' per equiparare le regole di trasparenza tra partiti e fondazioni.
E il rischio di nuove fratture si profila anche in Senato nell'esame della manovra. Italia Viva continua a insistere per l'abolizione totale delle micro tasse e non è pronta a cedere nonostante il dietrofront parziale del governo su plastic tax e su auto aziendali.