L'attesa di Taranto per la vicenda dell'ex Ilva, ora ArcelorMittal, guarda sul piano immediato a giovedì e venerdì. Domani scade infatti la tregua che le imprese dell'indotto-appalto e i trasportatori hanno dato alla società dell'acciaio per pagare i crediti relativi alle fatture scadute dopo i lavori eseguiti nello stabilimento. Venerdì, invece, è in programma l'incontro tra i Mittal e il premier Conte a Palazzo Chigi. È il secondo incontro fra il presidente del Consiglio e i big mondiali dell'acciaio dopo quello di quasi due settimane fa.
Allora si disse che Conte avrebbe rivisto i Mittal nel giro di 48 ore, ma così non è stato sia perché da un lato la vicenda si è complicata, sia perché sono stati necessari ulteriori passaggi prima di arrivare ad un secondo confronto tra Governo e multinazionale che ora è in agenda per dopodomani. Quello che chiede il Governo a Mittal è abbandonare ogni recesso dalla gestione del gruppo siderurgico ex Ilva - ma ArcelorMittal ha effettuato una serie di atti giudiziari a sostegno di questa scelta -, impegnarsi nel rispetto del contratto sottoscritto nell'estate 2017, mandare avanti impianti e produzione, effettuare gli investimenti industriali e ambientali e soprattutto togliere dal tavolo i 5 mila esuberi, corrispondenti ad un livello di produzione fissato dall'azienda a 4 milioni anziché ai 6 milioni autorizzati dall'Aia con previsione di salire ad 8 milioni.
Il nodo degli esuberi
Se Mittal dovesse accettare queste condizioni del Governo, può partire un confronto sulla quota di personale da gestire, visto comunque che l'acciaio è in crisi di mercato e l'azienda continua a ritenere incompatibili con l'attuale produzione 10.700 persone, di cui 8200 a Taranto. Qualora però si avviasse un confronto sulla forza lavoro, il Governo pensa ad ammortizzatori sociali e a cassa integrazione per gestire la crisi, ragionando anche su future ricollocazioni della manodopera, e non ad una dichiarazione di esubero come invece proposto da Mittal.
Sul tavolo del confronto è anche la riproposizione dello scudo penale dopo che il decreto legge Imprese lo ha definitivamente abolito. Sarebbe in questo caso uno scudo di carattere generale e non ad hoc per Mittal. Una norma rafforzativa di quanto già prevede l'articolo 51 del Codice penale.A Taranto, invece, ArcelorMittal ha incontrato ieri sera, presenti i sindacati metalmeccanici, Confindustria Taranto e ha assicurato che già da ieri i pagamenti verso i terzi e i fornitori sono ripresi ma di aver comunque bisogno di un po' di tempo perché, a monte, è cambiato anche il dispositivo di verifica e controllo delle fatture che ora richiede più tempo.
Pur evidenziando che ArcelorMittal non ha consegnato alcun documento o impegno scritto al riguardo, Confindustria Taranto ha comunque preso atto del segnale ed ha annunciato una tregua. Da lunedì mattina c'era infatti un presidio di protesta davanti alla portineria C del siderurgico. La tregua scade però domani, giovedì, giorno in cui Confindustria e le imprese dell'indotto-appalto vogliono vedere soddisfatti gli impegni di pagamento che la multinazionale ha nei loro confronti.
Le mosse della magistratura
Infine, sul fronte giudiziario, entra nel vivo da oggi la lettura dei tanti documenti che la Guardia di Finanza, su mandato delle Procure di Milano e Taranto - che stanno indagando sulla società anglo-indiana a seguito delle denunce dei commissari straordinari Ilva -, ha acquisito ieri negli uffici Arcelor di Milano e di Taranto. Da vedere se già oggi ci saranno i primi indagati.
Il faro delle Procure di Milano e Taranto si muove per illuminare ogni angolo della gestione ArcelorMittal: che ne è del magazzino, come sono stati gestiti gli ordini, come sono stati fatti gli acquisti, come si sono determinate le gravi perdite di ArcelorMittal Italia (2 milioni di euro al giorno) superando quelle contabilizzate dai commissari. Il sospetto dei magistrati è che tutto fosse preordinato e programmato da mesi per portare ArcelorMittal ad uscire, un anno dopo dal subentro, dall'ex Ilva riconsegnando alla proprietà, l'amministrazione straordinaria e quindi allo Stato, una società svuotata e fortemente indebolita.