Si complica ulteriormente la già critica situazione di ArcelorMittal. È partita ieri a Taranto una nuova iniziativa giudiziaria e sempre nella città pugliese da domani le imprese dell'indotto-appalto siderurgico fermeranno il lavoro nello stabilimento ex Ilva perché le fatture scadute non sono state pagate.
Sabato mattina i commissari straordinari di Ilva, Ardito, Lupo e Danovi, hanno consegnato nelle mani del procuratore di Taranto, Capristo, e del procuratore aggiunto, Carbone, "un esposto denuncia contenente fatti e comportamenti, inerenti al rapporto contrattuale con ArcelorMittal, lesivi dell'economia nazionale. Tanto al fine di verificare la sussistenza di ipotesi di rilevanza penale". Ai commissari arriva il grazie del ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli.
La mossa dei commissari intensifica la stretta giudiziaria verso ArcelorMittal. In pratica, ora si è aperto un doppio fronte: a Milano, dove venerdì è stato depositato l'atto cautelare urgente, in base all'articolo 700 del Codice di procedura civile, e a Taranto, col ricorso consegnato stamattina alla Procura. Due azioni con un denominatore comune: mettere in chiaro - attivando l'azione della Magistratura - quelle che i commissari Ilva ritengono siano le responsabilità di ArcelorMittal. A Milano si contesta il recesso dal contratto di fitto poiché i commissari da subito hanno detto che non esistevano i presupposti, nemmeno ipotetici, per disimpegnarsi, mentre a Taranto si evidenziano aspetti relativi alla gestione dello stabilimento e ritenuti appunto "lesivi dell'economia nazionale".
Già giorni fa i legali di Ilva in amministrazione straordinaria avevano detto che nel ricorso articolo 700 al Tribunale di Milano c'erano aspetti che andavano oltre la materia civilistica e chiamavamo in causa profili di rilevanza penale. Poi anche la Procura di Milano, con il procuratore capo Greco, una volta che l'articolo 700 è stato formalmente depositato "ravvisando un preminente interesse pubblico, ha deciso di esercitare il diritto-dovere di intervento nella causa di rescissione del contratto di affitto di azienda promossa da ArcelorMittal Italia contro l'amministrazione straordinaria dell'Ilva". Aperta in questo senso una indagine anche se per ora non vi sono indagati, nè ipotesi di reato. A Taranto gli accertamenti della Procura partiranno subito.
Il monito di Confindustria
Attacca il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: "La dimensione muscolare non serve a nessuno. Per l'Ilva occorrono soluzioni. La prima cosa da fare - aggiunge - è rimettere lo scudo, e occorre ammettere l'errore che si è fatto, da cui si determinata questa situazione. Speriamo bene speriamo che prevalga il buon senso, il pragmatismo e il realismo su questa questione". L'ex presidente di Federacciai Antonio Gozzi all'Agi sottolinea che "le aziende straniere fuggono da rischi legali e caos della politica".
Dalle debolezze della politica, "cui spetta il compito di decidere la strada da seguire" all'intervento dei magistrati perché non si rispetta un contratto che "materia da codice civile e non penale", ecco perché la vicenda dell'ex Ilva di Taranto per Gozzi "fa male alla reputazione internazionale dell'Italia e fa perdere ogni attrattiva d'investimento straniero". Il vero punto debole "della tragedia che si sta consumando a Taranto" sta tutto qui, conclude.
"Vedremo nei prossimi giorni - dichiara il ministro degli Esteri e capo politico M5s, Luigi Di Maio - se l'intervento della magistratura basterà per trattenere ArcelorMittal. Una cosa è certa: noi trasciniamo quella multinazionale in tribunale e chiederemo di rispettare i patti con lo Stato". E se il governatore di Puglia, Michele Emiliano, imputa ad ArcelorMittal "sia pure forse indirettamente", di "voler far cadere il Governo", "sulla questione ex Ilva, il Governo non ha alcuna responsabilità", dichiara il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla programmazione economica, Mario Turco. Il problema, osserva Turco, è che Mittal ha fallito il piano industriale, "non ha raggiunto gli obiettivi prefissati". Nicola Zingaretti afferma che "gli operai hanno ragione, il governo deve fare di tutto accelerando i tempi perché i forni non vengano spenti. Sarebbe un segnale drammatico".
La reazione dei sindacati
"Credo che oggi sia necessario che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si prodighi per portare al tavolo la proprietà, non l'amministratore delegato, in un confronto con il sindacato", afferma il segretario generale Cisl, Annamaria Furlan, segnalando che "sono in ballo non solo 20.000 posti di lavoro, 20 mila famiglie, ma anche la possibilità per l'Italia di essere competitivi su un grande mercato dell'acciaio in cui siamo sempre stati competitivi". Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, annuncia battaglia: "se questo tavolo c'è bene. Se non c'è nelle prossime ore, o nei prossimi giorni reagiremo e decideremo che cosa fare", assicura ribadendo la richiesta di un tavolo tra sindacati e proprietà. "Questa storia che faremo una grande causa alla società mi preoccupa, perché quando finirà la causa non avremo più prospettive industriali e posti di lavoro", sottolinea il leader della Uil, Carmelo Barbagallo.
E intanto l'indotto-appalto siderurgico di ArcelorMittal di Taranto alza il tiro. Da oggi le imprese non manderanno più il proprio personale a lavorare nei cantieri del siderurgico, né effettueranno attività per conto della società che gestisce in fitto l'ex Ilva. La decisione è stata presa in Confindustria Taranto poiché non è ancora pervenuta alcuna risposta circa la data di pagamento delle fatture scadute relative a lavori e prestazioni effettuate per ArcelorMittal.
Non si escludono iniziative più dure come il presidio dei camion davanti alla portineria C della fabbrica da parte dei trasportatori, anch'essi in grande difficoltà per i mancati pagamenti di ArcelorMittal. L'ultimo blocco dei trasportatori davanti all'Ilva avvenne nel gennaio 2015, quando erano in ballo i crediti derivanti dal passaggio da Ilva commissariata a Ilva in amministrazione straordinaria. Ma Cgil Taranto dissente dalla protesta e dice a Confindustria Taranto: non è il momento di abbandonare la fabbrica che va invece presidiata.