“Non sono sorpreso, lo sapevo che con loro sarebbe finita così e in politica non c’è cosa peggiore” dice il ministro Francesco Boccia sull’ex Ilva in un’intervista al Corriere della Sera. E indica anche i responsabili del fallimento: “L’operazione è nata con Renzi, Calenda ed è stata chiusa con Di Maio”.
In viaggio negli Stati Uniti, dove è in visita istituzionale, il ministro per gli Affari regionali dice anche che la sua “previsione funesta” è agli atti in Parlamento e alla fine “purtroppo si è realizzata”. E aggiunge: “Michele Emiliano e io dicevamo che era un errore assegnare l’azienda a Mittal e ci prendevano per matti. Tutti dicevano che quella con ArcelorMittal era una grande operazione, mentre io da deputato e da pugliese ero stato l’unico in Parlamento a dire che la cordata Mittal non dava garanzie adeguate sulle prospettive industriali”.
Come la vicenda tarantina andrà a finire per il momento nessuno è in grado di saperlo, ma il ministro intima: “Se Mittal rispetta il contratto è benvenuta, se dice che ci sono 5.000 lavoratori di troppo ne pagherà le conseguenze. Non accetteremo ricatti”. E promette: “Salveremo Ilva con un’amministrazione straordinaria seria, fatta da manager eccellenti. Abbiamo salvato tanti siti industriali in Italia, salveremo anche Ilva”, chiosa.
Quindi, senza “scomodare Bondi sulla vicenda Parmalat”, la via del commissariamento Boccia non si sente di escluderla “assolutamente”, perché “l’Italia non può cedere al ricatto occupazionale e se il mercato non ce la fa, lo Stato ha il dovere di intervenire”. Su un possibile ritorno di Jindal, la cordata in precedenza esclusa, la sola ipotesi “mi fa rabbrividire”, dice inorridito il ministro, che aggiunge pure: “Come Renzi sa quella cordata, che aveva dentro il gruppo Arvedi e un galantuomo come Del Vecchio, al quale nessuno ha chiesto scusa, offriva una prospettiva chiara e metteva insieme la centralità industriale e le ragioni dell’ambiente, indicando la strada della decarbonizzazione graduale. Ma la Repubblica in tutte le sue articolazioni scelse Mittal” solo perché aveva offerto 400 milioni in più.
Quanto allo scudo da ripristinare o meno, quella dicitura – sostiene ancora il ministro Boccia – “è la garanzia da offrire a chi avrebbe avuto la responsabilità delle bonifiche” ma è anche “finita ostaggio della politica dei tweet e degli slogan”. Quindi lo scudo va riproposto. “Il decreto scritto da Di Maio – sottolinea Boccia – era un’ottima mediazione, ma la Lezzi lo ha cancellato” tanto per non far nomi. Ma ora si litiga furiosamente tra Pd e 5 Stelle, anche se “è inutile” chiosa il ministro. Che però dice anche che il governo non è a rischio perché “il Pd è compatto sulle posizioni di Zingaretti, al proprio interno e nel rapporto con gli alleati. Non capisco perché il governo dovrebbe cadere su una vicenda così chiara”. Certo, “si è partiti con il piede sbagliato”.