“Non è un problema di questo o del governo precedente. È chiara la consapevolezza che la salute del comparto agroalimentare non è nelle vene, nel dna di chi ci amministra, ci sono processi che proprio non appartengono loro”. A sostenere questa tesi è Nicola Bertinelli, Presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano in un intervista a La Stampa.
È una vigilia ad alta tensione per i produttori, quella della decisione del Wto che potrebbe confermare l’incubo dazi sui prodotti della filiera agroalimentare italiana, parmigiano reggiano in testa. Bertinelli dice che in questi mesi si fatto di tutto “per evitare una situazione paradossale, che dalla vicenda Airbus arriva ai nostri prodotti” e che “rischiamo il cappotto continuando a porci una domanda: qual è la colpa dell’agroalimentare in una tematica aerospaziale?”. Come a dire: non c’è nesso.
Non sono bastate dunque le pressioni, i viaggi a Washington, i colloqui con l’ambasciatore Usa e italiano, ma i governi che “non hanno nelle vene questa sensibilità” non capiscono che “una dop, oggi, non è più una commodity, ma è remunerazione di un prodotto che si differenzia” Perché questo settore , rileva Bertinelli, “è un traino” in quanto “oggi un turista su due si muove andando a visitare zone dove sa di poter mangiare prodotti di qualità”.
Ecco, che cosa dovrebbe fare allora la politica? “Deve difendere questa possibilità di sviluppo per il futuro” e “fare il diavolo a quattro come stiamo facendo noi” secondo il presidente del Consorzio del parmigiano. I calcoli sono presto fatti, perché “oggi il dazio applicato dagli Stati Uniti sul Parmigiano reggiano è di 2,5 dollari al chilo, potrebbe salire a 20. Il che significa che sugli scaffali il costo salirebbe dagli attuali 40 a 60 dollari al chilo” dice Bertineli. “Un prezzo inavvicinabile” tanto che secondo le stime il mercato americano “potrebbe crollare dell’80-90 per cento” passando così dalla 10 mila tonnellate di oggi che arrivano negli Usa “a una, duemila”.
Un danno incredibile “per noi e i nostri 335 produttori ma anche per i 2.620 allevatori da cui prendiamo il latte a 80 centesimi al litro, quando in Baviera, per esempio, ne prendono venti...”. Ma non finisce qui. Il rischio è ancora maggiore, perché “non è possibile ricollocare sui mercati i milioni di chilogrammi in più di produzione”. E la conseguenza immediata, quindi, “è il crollo del prezzo, per noi, per il Grana padano, per i produttori di pecorino, ma anche per la filiera del latte”. “Ecco le conseguenze dei dazi: faranno precipitare i prezzi” conclude Bertinelli.