C’è una società sarda che a dieci anni dalla sua nascita ad oggi ha mosso beni e servizi in tutta Italia per 500 milioni di euro. Mezzo miliardo. Si chiama Sardex e ha creato una moneta complementare che ha cominciato a circolare nel 2009 a Serramanna, un comune di 9.000 anime del Medio Campidano sardo.
Il Medio Campidano è una delle regioni più povere d’Italia. La crisi finanziaria era scoppiata da un paio di anni a seguito del crollo di Leman Brothers e la morsa del credito cominciava a soffocare le piccole e medie imprese e i commercianti. Da quelle parti, raccontano i fondatori, si sentiva anche di più.
È così che Franco Contu, Gabriele Littera, Giuseppe Littera, fondatori dell’azienda assieme a Piero Sanna e Carlo Mancosu, alcuni con formazione economica, altri umanistica, ma tutti meno che trentenni, decidono allora di provare una soluzione per far muovere un pezzo di economia rispolverando alcuni concetti di economia classica che partono da un’idea piuttosto semplice.
La soluzione di Sardex
Un euro di beni e servizi è pur sempre un euro. Anche se la moneta non c’è materialmente, il valore di quel bene è lo stesso. Quindi, in teoria, è scambiabile anche senza il contante. E possono essere scambiati attraverso un sistema che gestisca e garantisca le transazioni dei beni legando il valore al prezzo corrente delle merci. Un Sardex può essere usato come se fosse un euro. Sardex.net ha messo in pratica questa teoria. Né più né meno. E’ una moneta complementare, non digitale, che negli anni si è sembra essersi dimostrata, suggeriscono i numeri raggiunti, un valido strumento di sviluppo economico.
Pagando in Sardex tra aziende, privati e professionisti interni al circuito, gli euro potevano essere usati per altre spese. Mancosu, broker con una laurea in lettere, ha sempre spiegato che Sardex non può sostituirsi in alcun modo al ruolo delle banche. Ma se la liquidità diminuisce circuiti come il Sardex (oggi ne esistono una dozzina in Italia) possono garantire una minima continuità di produzione, entro limiti determinati.
Il circuito, la camera di compensazione
Le aziende che si iscrivono al circuito potranno scambiarsi beni all’interno del circuito stesso, attivando un conto corrente. Più il bene che producono e che scambiano è commercializzabile, più aumenta lo scoperto concesso. Mentre gli scambi avvengono in camere di compensazione gestite dal team di Sardex. Prendiamo un gruppo di commercianti iscritti al circuito: un idraulico potrebbe comprare una chiave inglese pagando in Sardex, al gestore del negozio verrà accreditato un importo nel suo portafogli Sardex che potrà usare per acquistare altri beni o servizi da commercianti e professionisti del circuito.
L’idea, si è detto, è semplice. E si è detto anche che non è nuova. Ci sono stati diversi tentativi nella storia di affiancare alla valuta ufficiale una moneta complementare. Il più noto è il Wir che apparve in Svizzera dopo la Grande depressione (1934) e si dimostrò particolarmente resiliente, sopravvivendo per anni in una rete di 45 mila imprese. Giuseppe Littera concepì per primo il Sardex proprio mentre nel 2006 a Leeds, dove studiava, lesse un articolo proprio sul Wir. Decise con i suoi cofondatori di portare l’idea in Sardegna.
La crescita, il riconoscimento del Financial Times
In un’intervista del 2015 al Financial Times, che l’aveva appena inserita tra le aziende europee che crescono più velocemente, Mancosu ricorda: “All’inizio è stato drammatico. Ci guardavano come fossimo arrivati dallo spazio. Le imprese volevano gli euro per pagare debiti e fornitori”. Poi, pian piano, la crescita. Con il circuito che comincia ad allargarsi, il fatturato che comincia a crescere, 100% l’anno. Sardex comincia a far parlare di sé. Diventa una delle prime startup italiane a superare il milione di fatturato.
Nel 2016 ottiene un round di investimento di 3 milioni dal fondo di venture capital Innogest. Ma non è solo il modello di business a interessare. Colpisce anche il modello di innovazione sociale connaturato alla mission aziendale. I suoi fondatori partecipano a dibattiti alla Camera per spiegare il loro modello, che nel frattempo ha attirato l’attenzione del Movimento 5 stelle nella scorsa legislatura. Oggi dopo 10 anni e al primo mezzo miliardo spostato in Sardex la sfida degli ex quattro ragazzi di Serramanna può dirsi compiuta.