Si credevano invincibili e sono state spazzate via in pochi anni: Nokia, Kodak, Toys R Us. Poi c'è chi si è accorto che tenere la posizione non è un'opzione: o si cambia o si scompare. Lego, dopo la crisi del 2017, si sta ricostruendo cercando il giusto incastro tra mattoncini e digitale. Da un lato sta investendo su nuovi prodotti che non si toccano: film, e-commerce, videogiochi. Dall'altro sta espandendo la propria rete di negozi fisici, soprattutto (ma non solo) in Cina e India.
Dalla crisi all'espansione
Il 2017 è stato un anno pessimo, il primo con fatturato in calo dopo 13 anni. Vendite giù del 7%, utili del 17%. La crescita in Cina non era riuscita a bilanciare il calo in Nord America ed Europa. Un anno nero, culminato con 1400 licenziamenti e descritto in modo perentorio anche nelle solitamente misurate comunicazioni istituzionali: “Nel complesso, non siamo soddisfatti dei risultati”, si legge sul rapporto annuale di Lego. La società intravedeva però buoni segnali che facevano ben sperare per il 2018.
Segnali che sarebbero poi stati confermati: alla fine dello scorso anno, fatturato e risultato netto sono tornati a crescere. Non ancora tanto da recuperare tutto il terreno perso, ma abbastanza per far sorridere il ceo Niels B. Christiansen: “Il 2018 – scriveva nella lettera che accompagnava il rapporto - è stato un anno determinante per l'industria dei giocattoli”. La rivoluzione nei canali di vendita e la digitalizzazione stanno “ridisegnato il panorama, portando cambiamenti senza precedenti. Sono lieto di affermare che, anche di fronte a queste sfide, il gruppo Lego ha stabilizzato il proprio business”.
Tradotto: ci siamo, anche se il mercato dei giocattoli tradizionali fatica. Il 2018, infatti, non è stato un anno come gli altri: è stato il primo senza Toys R Us. L'ex paradiso dei bambini, finito in bancarotta, ha condizionato l'annata dei grandi produttori. Senza un canale di vendita così importante, il fatturato di Hasbro è calato del 12% e l'utile netto del 45% (ma il gruppo ha avuto un recupero consistente nel primo semestre 2019). Mattel ha chiuso il 2018 con una perdita netta di 530 milioni e vendite ridotte del 7,2% (ed è in rosso anche quest'anno).
Se Lego gioca a Risiko
Il 2019 di Lego è iniziato come si era chiuso il 2018: il fatturato del primo semestre è cresciuto del 4%, anche se i profitti operativi sono calati del 16% e l'utile del 12%. Segni meno che hanno però tutt'altro sapore rispetto a quelli del 2017: sono dovuti – si legge in una nota di Lego – alla decisione di intensificare gli investimenti in iniziative che creino i presupposti per una crescita di lungo periodo”.
Non meno incassi ma più mattoni per il futuro. Mattoni in senso letterale, non solo perché sono il prodotto principale di Lego, ma anche perché il marchio sta ripartendo da negozi fatti di casse e muri. Una raffica di nuove aperture porterà in Cina 140 negozi in 35 città entro il 2019. E ci saranno altre 70 inaugurazioni nel resto del mondo. All'inizio del 2020 aprirà anche la sede di Mumbai: sarà l'avamposto per ampliare la presenza in India.
Ormai da tempo, Lego non è più solo mattoncini. Ha prodotto film, vende videogiochi e abbigliamento, ha parchi tematici (sono appena iniziati, a Gardaland, i lavori per costruire il primo acquatico d'Europa) e associa i suoi omini gialli a grandi marchi che vengono dal mondo della carta (come Batman e gli eroi Marvel) e del cinema (Star Wars). Ma anche dal digitale (come Minecraft), che non è più il nemico da combattere ma un universo da sfruttare. “Stiamo investendo – ha dichiarato il ceo Christiansen - per cogliere le opportunità create da megatrend come la digitalizzazione e i cambiamenti demografici ed economici globali che stanno rimodellando il settore”.
Quindi nuove prodotti in cui dialogano virtuale e analogico, punti vendita in Cina e India (dove la popolazione aumenta e la nuova classe media spingerà i consumi), un e-commerce più efficace. Il margine per avanzare non è enorme ma c'è: secondo un'analisi di MarketResearch, tra il 2017 e il 2023, il mercato globale dei giocattoli crescerà a un tasso medio del 4%, raggiungendo così i 120 miliardi di dollari.
La minaccia non è il digitale
I numeri dicono molto, ma i movimenti del gruppo danese sono spiegati ancor più chiaramente in un documento non finanziario, il Lego Play Well Report 2018: “Come mai nella storia moderna, il tempo del gioco è in pericolo”. La minaccia però non è il digitale che ruba ai mattoncini per dare alle app: “Tutt'altro”, si legge nel rapporto. “Ispirati dallo sfumarsi dei confini tra il mondo digitale e quello fisico, i bambini di oggi fondono ciò che è reale e ciò che è virtuale, reinventando il gioco in modi che le generazioni precedenti non avrebbe mai immaginato”. Il problema è un altro: “Le difficoltà arrivano perché il tempo, lo spazio e il permesso concessi ai bambini per giocare sono costantemente sotto pressione. Nelle nostre frenetiche vite moderne – si legge nel Play Well Report - le famiglie spesso pianificano 'l'appuntamento del gioco' piuttosto che inventarlo sul momento”. Lego deve reinventarsi, legando mattoncini e digitale. Deve fare a spallate con i concorrenti. Ma, ancora di più, deve sfidare le abitudini che cambiano. Mattoncino dopo mattoncino.