Da oggi LinkedIn e Facebook si somigliano un po' di più. Il social network professionale, proprietà di Microsoft, ha ritoccato il proprio algoritmo. Lo ha fatto a suo modo, nessuna scopiazzatura. Ma l'indirizzo è lo stesso scelto da Mark Zuckerberg e da altri social network: promuovere le interazione “positive” tra gli utenti.
Un'indagine interna di LinkedIn, spiega Axios – che per primo ha pubblicato la notizia – ha rivelato che gran parte dell'attenzione si concentrava sull'1% degli utenti più seguiti. Tanti contenuti pubblicati, ma troppa concentrazione. Da qui è nata l'esigenza di modificare l'algoritmo. Obiettivo: promuovere la conversazione, attraverso alcuni “strumenti”.
Avranno più visibilità gli utenti con i quali ci sono maggiori possibilità di interagire. Cioè le persone con cui lo abbiamo già fatto. Crescerà la visibilità dei contatti con cui si hanno interessi comuni. Fin qui, niente di molto diverso rispetto ad altre piattaforme. È però interessante un altro parametro: l'algoritmo tenderà a spingere i post che potrebbero interessare l'utente ma che non hanno ricevuto grande attenzione. Tradotto: quello che è già molto commentato e condiviso non dovrebbe avere ulteriori spinte.
Una scelta che punta proprio a illuminare post in ombra. È una scelta opposta rispetto ad altri social, che spingono chi già corre. La volontà di far emergere i contenuti sommersi è confermata anche dalla scelta di favorire le conversazioni di nicchie specifiche, penalizzando invece i post più generici. Un accorgimento figlio della natura professionale di Linkedin. Il social di Microsoft favorirà inoltre i post che incoraggiano l'interazione (ad esempio quelli che invitano a una risposta), così come quelli che usano menzioni e hashtag. Lunghezza e formato (video, foto o testo) non saranno rilevanti.
Secondo Axios, LinkedIn ha lavorato al nuovo algoritmo per 12-18 mesi. E ha già collaborato con alcuni “profili autorevoli” per adattare i post ai nuovi parametri. Il social cresce. Incastonato nell'ecosistema per aziende di Microsoft, sembra oggi giustificare quanto sborsato (non senza critiche) al momento dell'acquisizione, nel 2016: 26,2 miliardi di dollari. Il fatturato è aumentato del 27% anno su anno nell'ultima trimestrale e del 29% in quella precedente.
Ma per continuare serve cambiare. Le modifiche all'algoritmo vanno nella stessa direzione degli altri social network. Molti parametri contano: il numero di utenti attivi, il tempo che trascorrono online. E contano ancora. Ma alla quantità, serve affiancare la “qualità dell'interazione”. Il concetto è fluido e ognuno lo interpreta a modo suo. Twitter ha varato controlli più severi, reso meno visibile il conteggio in tempo reale dei follower (ritenuto un incentivo alla ricerca di consenso e non al dialogo), rivisto la grafica di retweet e commenti per facilitare le conversazioni.
Il ceo Jack Dorsey lo ha detto chiaramente: senza un piattaforma più pulita, si chiude. Zuckerberg ha scelto di valorizzare quelle che chiama “interazioni significative”. Sono quelle con amici, parenti e gruppi che ci interessano. Ecco perché, lo scorso anno, ha modificato l'algoritmo di Facebook penalizzando le pagine (di aziende non paganti e giornali) per riempire la bacheca di post ritenuti più personali.
LinkedIn premia le nicchie, i post in ombra e quelli che incentivano una risposta. Metodi diversi per platee diverse, con lo stesso obiettivo: promuovere un coinvolgimento di qualità. Non perché i social si siano di colpo redenti. È sempre una questione di affari: gli inserzionisti non si accontentano più dei grandi numeri ma vogliono un pubblico interessato e attivo. E sono disposti a pagarlo di più. Neppure sui social uno vale uno.