La finestra per un'operazione più larga, che coinvolga oltre a Fca e Renault anche i partner giapponesi, resta aperta, anche se da Yokohama, dove ha sede il quartier generale di Nissan, c'è ancora cautela e voglia di capire prima gli eventuali termini. Sono queste, di fatto, le considerazioni che si respirano dopo l'incontro in Giappone fra il presidente del gruppo francese, Jean-Dominique Senard, Hiroto Saikawa, che guida Nissan, e Osamu Masuko, alla testa di Mitsubishi.
"Potrebbero esserci opportunità ma le voglio valutare da vicino, con gli interessi di Nissan in mente", ha spiegato Saikawa prima dell'incontro. La posizione, seppur informalmente, è stata fatta filtrare anche più tardi, spiegando che il gruppo giapponese, che ha il 15% di Renault ma senza diritti di voto, "non si oppone" alla fusione ma al momento non la sosterrà nemmeno attivamente. Anche l'ad di Mitsubishi ha sottolineato: "Se avessero avuto l'intenzione di lasciarci fuori non sarebbero venuti fin qui per spiegarci la loro posizione".
I dubbi di Nissan
In realtà, sottolineano alcuni osservatori che nei mesi scorsi hanno seguito la partita interna all'alleanza franco-giapponese, da un coinvolgimento di tutte le parti ci potrebbero essere diversi vantaggi per Nissan, che ha difeso strenuamente la propria indipendenza di fronte ai tentativi di Renault, che ne detiene oltre il 40%, di arrivare a una vera e propria fusione. La struttura dell'operazione infatti prevede che ci sia una holding in Olanda: secondo le indiscrezioni emerse, se entrasse nella partita, il gruppo giapponese avrebbe circa il 7,5% delle azioni, ma con diritto di voto. Peserebbe, in pratica, quanto lo Stato francese, che vedrebbe così affievolita la propria presa sulla casa automobilistica di Tokyo, il cui cui cruccio principale è mantenere una propria identità e indipendenza.
L'ingresso di Nissan nella partita non sarebbe solo importante per le economie di scala e per arrivare a creare il più grande produttore mondiale a livello di vendite: a essere particolarmente utili sarebbero le sue tecnologie sul fronte dell'ibrido e dell'elettrico, oltre alla presenza nei mercati orientali, a partire da quello cinese. Al tempo stesso in Giappone guardano con preoccupazione a possibili sovrapposizioni sul mercato statunitense con l'azienda italiana, per cui gli Usa sono uno dei mercati di riferimento. Per un ingresso formale nel nuovo gruppo che si formerà se la fusione fra Fca e Renault andrà avanti c'è tuttavia tempo.
Un matrimonio che non convince tutti
Mentre i tre gruppi studiano come proseguire nell'operazione, arrivano tuttavia le prime prese di distanza: in Francia emergono alcune posizioni scettiche, sia pure per motivi diversi. Da un lato infatti Le Monde ha parlato di "matrimonio problematico" con "svantaggi che in questa fase superano i benefici" mettendo in evidenza supposte debolezze di Fca; dall'altro l'ad di Psa (Peugeot, ndr), Carlos Tavares, che pure aveva trattato con Fca, in una lettera interna al gruppo ripresa da Automotive News, ritiene l'operazione "opportunistica" con il gruppo italiano che ha sfruttato il momento di difficoltà del rivale.
Intanto in Italia i sindacati Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr hanno avanzato al Lingotto una richiesta unitaria di incontro, per conoscere le prospettive della fusione con Renault. L'azienda ha risposto dando disponibilità ad un incontro a carattere informativo "allorquando e non appena vi saranno le condizioni oggettive per iniziare ad affrontare i rilevanti temi indicati". Anche i mercati continuano a guardare l'operazione: nella mattinata italiana i due gruppi giapponesi hanno chiuso in rialzo; Renault ha consolidato i guadagni dei giorni scorsi, mentre Fca ha lasciato sul terreno l'1,22%.