I nuovi dazi sulle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti minacciati dal presidente americano Donald Trump fanno crollare le Borse in Asia e tremare quelle in Europa e gettano nuove incertezze sui negoziati tra Cina e Stati Uniti per risolvere la loro disputa commerciale.
A sorpresa domenica Trump ha minacciato nuove tariffe, annunciando un innalzamento dal 10% al 25% a partire da venerdì prossimo su 200 miliardi di dollari di merci esportate dalla Cina verso gli Usa, e ipotizzando di imporre un'aliquota al 25% su importazioni dalla Cina per altri 325 miliardi. Una mossa che ha creato incertezza a Pechino sulla prossima missione a Washington di una delegazione cinese per la ripresa dei negoziati, mercoledì 8 maggio. Il portavoce Geng Shuang ha confermato la partenza della delegazione, ma non la presenza in Usa del vice primo ministro, Liu He, il principale consigliere economico del presidente Xi Jinping.
Le parole del presidente Usa hanno mandato a picco gli indici asiatici, tutti negativi nella giornata odierna, con Shanghai che ha chiuso in ribasso del 5,58%, a 2906,46 punti, dopo un'apertura in calo del 3,04%, mentre l'indice Component della Borsa di Shenzhen ha terminato precipitando del 7,56%. In forte ribasso anche Hong Kong che ha chiuso in calo del 2,9% (Tokyo è chiusa per il periodo di ferie dovuto all'inizio della Nuova Era dell'imperatore Naruhito). Anche le Borse europee e Wall Street ne hanno risentito, accusando forti ribassi, sia pur non comparabili a quelli delle piazze cinesi.
Le contromosse di Pechino
Il governo cinese, secondo fonti citate dall'agenzia Bloomberg, ha anche preallertato il "National Team" di investitori istituzionali per risollevare le sorti dei listini di Pechino. Almeno una grande banca cinese si è offerta di vendere dollari per limitare il deprezzamento dello yuan, mentre la valuta cinese scivolava verso quota 6,8 sul biglietto verde. In mattinata, la Banca centrale cinese ha deciso di abbassare i requisiti di riserva obbligatori per le piccole e medie banche locali, portandoli all'8% a partire dal 15 maggio prossimo, per favorire i prestiti alle piccole imprese, e liberando 280 miliardi di yuan (circa 37 miliardi di euro).
Il rilancio di Trump rompe una tregua che durava dal 1 dicembre scorso, e giunge a sorpresa in un momento in cui Pechino e Washington sembravano avvicinarsi a un accordo "storico". L'ultimo round di colloqui a Pechino, la settimana scorsa, era stato definito "produttivo", dal segretario al Tesoro Usa, Steve Mnuchin. Eppure Trump si è detto insoddisfatto: il dialogo procede lentamente, ha scritto su Twitter, accusando la Cina di un tentativo di rinegoziare l'intesa.
Ma le tensioni si inaspriscono anche sullo scenario del Mar Cinese meridionale: due cacciatorpedinieri Usa sono entrati nelle acque territoriali delle isole Spratly, rivendicate da Pechino, ma contese con altri Paesi della regione. Solo un "innocente passaggio" per il portavoce della Settima Flotta Usa, Clay Doss, ma la Cina non ha nascosto la sua irritazione per questo tipo di "azioni provocatorie".