Aggiornato alle ore 9,30 del 25 marzo 2018.
La transizione energetica mondiale è "in dubbio" e i progressi su disponibilità e sostenibilità sono "in stallo". L'allarme è contenuto nell'ultimo rapporto sul tema del World economic forum, secondo cui i sistemi energetici mondiali sono diventati meno disponibili e non sono più sostenibili a livello ambientale di quanto non fossero 5 anni fa. Sebbene l'accesso all'energia sia sostanzialmente migliorato, con meno di un miliardo di persone che oggi vivono senza disponibilità di energia, rileva il Wef. "Le preoccupazioni sull'avanzamento della transizione energetica stanno aumentando".
La classifica dei Paesi più virtuosi vede in testa la Svezia con il 74,9%, seguita dalla Svizzera con il 74,3% e dalla Norvegia con il 73,4%. L'Italia è appena ventinovesima con il 62%. In particolare, il nostro Paese è ventesimo con il 70% sul fronte delle performance di sistema, ma soltanto trentaseiesimo con il 54% sulla preparazione alla transizione.
La top ten dei migliori viene invece completata da Finlandia con il 73%, Danimarca con il 72,2%, Austria con il 70,7%, Gran Bretagna con il 70,2%, Francia con il 68,6%, e Olanda e Islanda con il 68,5%. Il Paese più pronto alla transizione è la Finlandia con un indice del 74% seguita dalla Danimarca con il 73%, mentre quello con la miglior performance di sistema è la Norvegia con l'82%.
Negli ultimi 5 anni, afferma il Wef, gli indicatori che hanno visto il miglioramento più ampio sono stati quelli dell'accesso e della sicurezza energetica. La media dell'indice di performance è aumentata progressivamente dal 2014, ma lo scorso anno si è fermata, appesantita dalla riduzione dello 'score' di disponibilità e sostenibilità.
L'uso del carbone per la generazione di energia in Asia, l'aumento del prezzo delle materie prime e il rallentamento dei necessari miglioramenti nell'intensità energetica hanno contribuito a questa stagnazione. Sul fronte della preparazione alla transizione energetica, i migliori risultati sono stati registrati dalle economie più piccole. Soltanto la Gran Bretagna, tra i Paesi del G7, entra nella specifica top ten.
E, con l'eccezione di Singapore, sono tutte nazioni dell'Europa occidentale. A preoccupare il Wef è soprattutto la scarsa preparazione delle economie maggiori: i 10 Paesi che segnano il punteggio più alto in termini di preparazione contano per appena il 2,6% delle emissioni globali annue.
Gli Stati Uniti, ad esempio, sono appena ventisettesimi. E se hanno fatto progressi nella diminuzione dell'utilizzo di carbone per la produzione energetica, hanno perso complessivamente 4 posizioni rispetto all'anno scorso a causa delle preoccupazioni sulla disponibilità di energia per le famiglie e le incerte regolatorie sulla sostenibilità ambientale.
Non mancano tuttavia alcuni segnali di ottimismo. Cina e India, in fondo alla classifica per performance di sistema (rispettivamente 97 e 86esima) risalgono posizioni sotto il profilo della preparazione (rispettivamente 45 e 61esima). Ciò sembra suggerire che i due colossi, sebbene i loro sistemi energetici siano oggi arretrati e non pronti alla transizione, stanno lavorando a un contesto in grado di sostenere la transizione futura. E in questo senso spicca il settimo posto della Cina in termini di impegno regolamentare e politico.
I paesi emergenti e in via di sviluppo asiatici sono quelli che hanno segnato i miglioramenti più ampi in termini di accessibilità universale all'energia elettrica. La Malaysia (31esima) è il miglior Paese in classifica della regione, mentre il Vietnam (56esimo) è quello che ha registrato l'avanzamento in classifica maggiore. Il ranking peggiore tocca invece a Zimbabwe, Sud Africa e Haiti che pagano l'eccessivo utilizzo di carbon fossile e l'insufficienza di infrastrutture.