Il bail-in, letteralmente “salvataggio dall’interno” è un meccanismo legale, introdotto nel 2016 dalla Direttiva n. 2014/59 dell'Unione Europea per il risanamento e la risoluzione di enti creditizi e imprese di investimento, che impone la partecipazione degli investitori/risparmiatori - qualora possessori di determinate attività finanziarie emesse dalla banca stessa - alle perdite patrimoniali da questa subite. Il meccanismo del bail-in è teso a evitare che il salvataggio di una banca sia effettuato mediante impiego di fondi pubblici, il cosiddetto bail-out, ossia il "salvataggio dall'esterno".
In particolare, in caso di dissesto o di rischio di dissesto di una banca, i suoi azionisti e creditori sono chiamati a contribuire al salvataggio sulla base di una precisa gerarchia di ‘coinvolgimento’: le azioni e gli altri titoli di capitale assimilabili alle azioni emessi dalla banca sono le prime attività finanziarie a essere interessate; a seguire le obbligazioni subordinate (passibili, nei casi meno gravi, di conversione in azione); successivamente, le obbligazioni ordinarie non garantite e non subordinate; per ultimo i depositi bancari ma solo per la parte che supera i 100.000 euro, che rappresentano la soglia massima di protezione prevista dal sistema di garanzia dei depositi.
La proposta del governo
Il contratto di governo chiede una "radicale" riforma del sistema di risoluzione bancario europeo. "Il sistema del bail-in bancario - si legge nel documento - ha provocato la destabilizzazione del credito in Italia con conseguenze negative per le famiglie che si sono viste espropriare i propri risparmi che supponevano essere investiti in attività sicure.
Occorre rivedere radicalmente tali disposizioni in modo tale da assicurare la tutela del risparmio degli italiani". In particolare, la maggioranza ritiene che i piccoli risparmiatori non debbano essere toccati per evitare crisi di fiducia e fuga dei depositi. Secondo Lega e M5s, inoltre, i risparmiatori si sono spesso visti ‘imporre’ dalle banche la sottoscrizione di strumenti non adeguati alle proprie capacità di investimento e, quindi, devono essere risarciti in caso di danno patrimoniale o, comunque, non devono essere chiamati a concorrere al ‘salvataggio’.
Nel Def il governo scrive che “l’Italia contribuirà fattivamente alla discussione in corso a livello europeo sul completamento dell’Unione bancaria e dell’Unione del mercato dei capitali, per rafforzare l’Uem rivedendo nel contempo alcune delle modalità stabilite negli anni passati. A tal fine cercherà di stemperare gli elementi di rigidità nella riduzione e condivisione dei rischi, conciliando la necessità di evitare l’azzardo morale connesso all’aspettative di bail-out con i rischi per la stabilità finanziaria”.
A fine 2017 la Commissione Finanze del Senato aveva approvato, anche su stimolo di Abi e Banca d’Italia, una proposta di modifica del bail-in da presentare a livello europeo. Le principali modifiche proposte riguardavano l’abrogazione della retroattività, prevedendo che nella procedura di risoluzione rientrino solo i titoli emessi dopo il 1° gennaio 2016 (data in cui la direttiva sui fallimenti bancari è entrata in vigore), e l’eliminazione dalla categoria dei titoli assoggettabili a bail-in dei bond senior di importo limitato. Abi e Federcasse insistono inoltre da tempo affinché nella procedura di risoluzione venga introdotto l’intervento del Fondo interbancario che viene invece considerato ‘aiuto di Stato’ dalla commissione.