Il CES 2019 non sarà il “Chinese Electronic Show”. Così, negli anni scorsi, qualcuno aveva ribattezzato il Consumer Electronic Show di Las Vegas. Merito di una presenza asiatica sempre più corposa. Fino a ora. La manifestazione, la più grande al mondo per l'elettronica di consumo, è in programma dall'8 all'11 gennaio, con quasi 200.000 visitatori e 4.000 espositori attesi. Quelli cinesi saranno poco più di 1200, il 20% in meno rispetto allo scorso anno. E nessuno dei manager al vertice di imprese cinesi terrà un keynote su uno dei palchi della rassegna. È un effetto collaterale delle tensioni commerciali tra Pechino e Washington. Ma pesa, più in generale, la battaglia tecnologica in alcuni settori chiave (come l'intelligenza artificiale e il 5G) e il caso Huawei.
Perché la Cina non va a Las Vegas
Anche quest'anno la delegazione dal gigante asiatico sarà folta: costituisce oltre un quarto delle imprese presenti e solo quelle americane sono più numerose (1750). La Consumer Technology Association (l'associazione che organizza la fiera) ha voluto sottolineare che non c'è alcuna fuga e che “la Cina rimane un importante mercato internazionale per il CES”. “In particolare – spiega - abbiamo assistito a una notevole crescita degli spazi dedicati da grandi aziende come Alibaba, Baidu, JD.com, Lenovo, Suning e TCL”, a fronte di un calo delle più piccole. I numeri però raccontano una forte inversione di tendenza. Ed è difficile non imputarla alle tensioni internazionali. Il simbolo dello strappo è Huawei.
Lo scorso anno, Richard Yu, il ceo della divisione consumer, salì sul palco di Las Vegas. Quest'anno non lo farà. Il gruppo cinese ci sarà, ma con una presenza più sobria. Dirotterà parte delle risorse e della visibilità sul Mobile World Congress di Barcelona, in programma a fine febbraio. Stati Uniti e Cina stanno negoziando sulla questione dazi. È in corso una tregua, che però non ha sciolto le tensioni. Anche perché resta lo scontro frontale su robotica, reti 5G e intelligenza artificiale: si tratta di tecnologie strategiche che ciascun Paese vorrebbe tenere per sé. Una diffidenza che finisce con l'irrigidire le posizioni e condizionare i rapporti commerciali.
E poi c'è il caso Huawei. Trump sta “considerando” un bando integrale della società per questioni di sicurezza nazionale: smartphone e reti 5G fornite da Huawei rischierebbero – secondo la Casa Bianca - di essere avamposti dello spionaggio di Stato cinese. L'arresto della Cfo di Huawei, Meng Wanzhou, ha peggiorato le cose, aumentando il rischio di boicottaggi: le imprese cinesi fanno quadrato e a risentirne potrebbero essere i marchi Usa.
Vantaggi e svantaggi
La presenza al CES non è solo una questione patriottica: dipende, soprattutto, da una valutazione di costi e benefici. Aprire uno stand è dispendioso. Visto il clim avverso, gli attacchi di Trump e le prospettive incerte, la spesa non sarebbe più proporzionata agli eventuali vantaggi. E ci sono anche manager che – riporta il South China Morning Post – hanno evitato di volare a Las Vegas per paura di essere arrestati. Con la rinuncia al CES c'entra anche il calo della crescita cinese. Il rallentamento economico impone alle società di rivedere le proprie priorità, capire su cosa puntare e su quali mercati investire. Per molte compagnie, il mercato cinese resta quello principale. Ecco perché rinunciano all'evento statunitense. Allo stesso tempo, però, il mercato tecnologico americano è ancora il più grande del mondo. Ecco perché il CES resta ancora attraente per più di 1200 società.