Alla fine i nodi sono stati sciolti e i 24 paesi dell'Opec Plus, 14 del cartello più i 10 guidati dalla Russia hanno deciso di tagliare la produzione a partire dal primo gennaio 2019 di 1,2 milioni di barili al giorno. La due giorni viennese non è stata delle più facili con il clima reso più teso dall'annuncio del Qatar di lasciare dopo 57 anni l'organizzazione dei paesi produttori di greggio. A rendere più pesante l'atmosfera le pressioni del presidente Donald Trump per lasciare i livelli invariati, la fermezza dell'Iran che ha chiesto l'esenzione, poi ottenuta, dai tagli e l'incertezza della Russia per la quale il prezzo del Brent attuale andava bene. Questi i tre scogli principali che i delegati dei 24 paesi hanno dovuto superare per arrivare a una decisione condivisa.
L'Iran esentato dai tagli
L'ammontare, ha spiegato il ministro del Petrolio iracheno Thamer Abbas al-Ghadhban, equivale a circa l'1% della produzione totale, sarà di competenza per 800.000 barili al giorno dell'Opec e per 400.000 della Russia e dei suoi partner. I 14 paesi Opec (Algeria, Angola, Ecuador, Guinea Equatoriale, Gabon, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Venezuela) e i 10 non Opec (Russia, Azerbaijan, Bahrain, Brunei, Kazakhstan, Malesia, Messico, Oman, Sudan, Sud Sudan) che insieme rappresentano la metà della produzione globale, hanno deciso di ridurre le estrazioni a causa dell'eccesso di offerta sul mercato che ha fatto crollare i prezzi di oltre il 30% in due mesi. Elemento fondamentale è che l'intesa tiene fuori l'Iran alle prese con le sanzioni statunitensi.
Lo scetticismo degli analisti
Per molti analisti tuttavia il taglio non basterà a far riprendere il mercato. Secondo Stephen Brennock , broker di petrolio della società Pvm "i tagli non saranno sufficienti a eliminare l'eccesso di offerta. Sarebbe servita una riduzione di 1,5 milioni di barili nei primi sei mesi dell'anno". Il ministro dell'Energia russo Alexander Novak ha provato a resistere fino all'ultimo adducendo motivi climatici. In Russia d'inverno fa molto freddo e il petrolio come il gas viene usato anche per il riscaldamento. "Per noi sarà più difficile ridurre le estrazioni", ha detto.
C'è poi la posizione dell'Arabia Saudita, leader dei produttori Opec, arrivata a Vienna indebolita dal caso Khashoggi ucciso nel consolato saudita a Istanbul. Secondo i media Usa e la Cia dietro all'omicidio del giornalista ci sarebbe il principe Mohammed Bin Salman. In questo senso la posizione di Riad è stata influenzata dalla pressione statunitense a non toccare i livelli attuali. Tanto che a Vienna il ministro dell'Energia saudita Khalid Al-Falih ha tenuto a dire che nelle decisioni Riad "non deve chiedere il permesso a nessuno". La classica excusatio non petita.
Dal canto suo, l'Iran, terzo produttore Opec, si è detto a favore di tagli ancora più drastici per andare contro il 'nemico' Trump. All'ultimo vertice di giugno l'Opec Plus aveva deciso di aumentare la produzione di un milione di barili al giorno per far scendere le quotazioni che allora erano intorno agli 80 dollari per compensare le perdite attese dalla produzione iraniana a causa delle sanzioni. Successivamente, gli Stati Uniti hanno concesso deroghe temporanee a otto paesi, compresa la Cina, per consentire loro di continuare a importare petrolio iraniano. Questo è uno dei motivi del crollo delle quotazioni degli ultimi due mesi che ha spazzato via i guadagni che si sono avuti dall'inizio del 2017.