La manovra del governo M5s-Lega incassa la fiducia della Camera con 330 sì e si appresta a tagliare nelle prossime ore il primo traguardo parlamentare. Ma i 'nodi' restano irrisolti e la vera partita si giocherà al Senato, in parallelo al negoziato, ancora in salita, con Bruxelles per evitare la procedura d'infrazione.
La manovra vale circa 37 miliardi, finanziati per 22 miliardi in deficit, e prevede interventi per 41,3 miliardi nel 2019 tenendo conto anche delle ricadute contabili del decreto fiscale collegato. Le correzioni per far fronte alle richieste della Commissione europea dovranno arrivare prima del 19 dicembre, data in cui l'esecutivo Ue potrebbe formalizzare la procedura d'infrazione nei confronti dell'italia. L'Europa chiede un aggiustamento credibile, ovvero portare l'obiettivo di deficit per il 2019 sotto il 2% del Pil a fronte del 2,4% fissato dal governo nel quadro programmatico dei conti. E difficilmente potrà accettare una correzione oltre quella soglia considerando che l'esecutivo comunitario stima un indebitamento netto dell'Italia l'anno prossimo al 2,9% del Pil.
Il compito di trattare con Bruxelles è riservato al presidente del Consiglio Giuseppe Conte che la prossima settimana, probabilmente martedì, avrà un nuovo incontro con il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, anche se non ancora stato definito.
Tria smentisce (di nuovo) le dimissioni
All'interno della maggioranza il confronto è ancora aperto. Lega e M5s non sono disposti ad abbassare l'asticella del deficit/Pil fino all'1,9-2% richiesto da Bruxelles, anche se nella maggioranza c'è chi sarebbe orientato a una linea più prudente sui conti, a partire dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria. E proprio oggi fonti di Palazzo Chigi hanno dovuto ancora una volta smentire voci di dissidi interni nell'esecutivo con il titolare dell'Economia, da sempre sostenitore della necessità di contenere il deficit. L'ipotesi di dimissioni è stata smentita dallo stesso ministro.
L'esecutivo gialloverde è a caccia di risorse. Ecco perché la legge di bilancio sarà riscritta a Palazzo Madama. Il passaggio parlamentare a Montecitorio non si è rivelato decisivo e gli interventi sulle misure cardine, reddito di cittadinanza e pensioni, sono stati rinviati al Senato. Per mettere in campo la correzione richiesta da Bruxelles è necessario individuare spazi finanziaria aggiuntivi che dovrebbero arrivare dalla rimodulazione delle coperture preventivate per le due riforme: 6,7 miliardi per il superamento della Fornero (7 dal 2020) e 9 per il reddito di cittadinanza, nel complesso 16 miliardi.
Corsa contro il tempo
Nel corso della seconda lettura parlamentare, il governo dovrebbe presentare l'emendamento su 'quota 100' per le pensioni, ma il destino della misura, cara alla Lega, è legato a stretto filo al reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia dei Cinque Stelle, ancora in via di definizione. Al Senato potrebbe arrivare anche la stretta sulle pensioni d'oro, altro tema caro ai pentastellati, con un taglio che varierà da un minimo del 25 a un massimo del 40% per gli assegni più alti. Così come si dovrebbe procedere alla riduzione dei fondi a giornali, radio e tv.
Tra i nodi da sciogliere, che dividono i due soci di maggioranza, anche l'eco tassa sulle auto inquinanti. I Cinque Stelle continuano a difendere la misura su cui la Lega fa muro. La norma potrebbe essere corretta dopo l'incontro in programma del vicepremier, Luigi Di Maio, con costruttori e consumatori l'11 dicembre. Tra le modifiche che potrebbero essere introdotte a Palazzo madama anche quelle sui fondi per Roma e per gli orfani delle vittime di femminicidio.
La manovra approderà a Palazzo Madama la prossima settimana ma la tabella di marcia dei lavori dipenderà dalla trattativa con Bruxelles. Le correzioni chiave per evitare il cartellino rosso Ue dovrebbero arrivare entro il 19 dicembre ma i tempi per consentire il ritorno alla Camera e il via libera finale entro Natale sono strettissimi.