L'Italia è il Paese europeo dove l'automazione rischia di avere l'impatto più negativo sui lavoratori over 50. Il 58% svolge infatti lavori ripetitivi, con scarse competenze. Che quindi potranno essere facilmente svolti da robot e intelligenza artificiale. Lo afferma il rapporto "The Twin Threats of Aging and Automation", realizzato da Mercer e Oliver Wyman, che ha analizzato 15 Paesi in tutto il mondo. L'Italia si trova al centro di un incrocio pericoloso: è un Paese con una forza lavoro sempre più anziana (gli occupati tra i 50 e i 64 anni saranno il 38% entro il 2030) e impiegata in attività manuali e ripetitive.
È una questione legata non solo alle competenze, ma anche al tessuto economico. Non è un caso, infatti, che a pagare i rischi dell'automazione in età avanzata siano soprattutto i grandi Paesi manifatturieri. Gli over 50 che potrebbero essere sostituiti dall'automazione sono il 59% in Giappone, oltre il 60% in Sud Corea e Cile. Sfiorano il 70% in Vietnam e Thailandia. E toccano il 76% in Cina. Alle spalle di questo gruppo c'è l'Italia, seguita a stretto giro dalla Germania (57%).
In un precedente report per il World Economic Forum ("Future of Jobs"), Mercer ha stimato che tra il 2015 e il 2020, circa 7,1 milioni di posti di lavoro scompariranno a livello globale, la maggior parte dei quali tra le funzioni amministrative, il settore manifatturiero e i processi produttivi. E solo 2 milioni di nuovi posti di lavoro saranno creati, in funzioni che vanno dalle operazioni finanziarie, al management, all'ingegneria. A pagare maggiormente saranno i lavoratori in fabbrica, le attività di segreteria o di staff generico, che potrebbero essere svolte da robot e computer.
Leggi anche: La corsa contro il tempo degli operai cinesi per difendere il posto di lavoro dai robot
"Gli sforzi concertati da parte di governi e aziende per elaborare strategie volte a incoraggiare e accogliere il lavoratore più anziano, saranno cruciali nei prossimi decenni", afferma Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia. "Perché i lavoratori più anziani sono una fonte preziosa di esperienza, produttività e flessibilità". "La popolazione over 50 è passata dal 17 a più del 30% del totale globale dagli anni '70 ad oggi", aggiunge Giovanni Viani, responsabile del Sud-Est Europa di Oliver Wyman. "In parallelo le nuove tecnologie stanno cambiando in maniera radicale la domanda di lavoro, mettendo in crisi in particolare la fascia più anziana e a minor educazione. Per evitare squilibri profondi nella società e nella produzione di reddito e mantenere una sostenibilità complessiva dei sistemi previdenziali sono necessarie politiche molto lungimiranti in termini di valorizzazione delle classi più anziane, formazione continua lungo tutta la carriera professionale e allargamento della platea dei lavoratori giovani".