Articolo modificato il 24 settembre 2018 alle 12,25 sulla base alla precisazione di Emanuel Pallua, fondatore di Foodora sulla possibilità di vendere il ramo italiano dell'attività
Uber vuole comprare Deliveroo. Le trattative, secondo Bloomberg, sono ancora in fase iniziale. Ma se l'operazione avesse successo potrebbe ridisegnare il mercato delle consegne a domicilio. La società di San Francisco, attiva nelle food delivery con il marchio Uber Eats, si espanderebbe di colpo in Europa, dove è presente ma meno capillare rispetto a Deliveroo.
Dovrebbe spendere parecchio: nell'ultimo round d'investimento, Deliveroo è stata valutata due miliardi di dollari. Dal punto di vista finanziario, Uber può contare però sul sostegno di un azionista come Soft Bank, che non ha certo problemi di portafoglio. Anche se la società britannica sarebbe riluttante a perdere la propria indipendenza. In caso di matrimonio, a pagare sarebbe soprattutto Just Eat, che non a caso in borsa ha perso il 5%.
Cosa sta succedendo nel food delivery
Le ripercussioni di un'acquisizione così pesante si vedrebbero soprattutto in Europa. Ma non solo: potrebbe esserci un effetto domino anche altrove. Ad ogni modo, il fatto che stesso che Uber ci stia provando racconta l'evoluzione del food delivery. È un mercato caratterizzato da tassi di crescita elevati e Paesi con diversi gradi di maturazione. A una prima fase in cui c'è grande concorrenza tra molti marchi (arrivati con la propria rete o acquisendo quelle locali), ne segue una in cui i gruppi concentrano le proprie forze in mercati più remunerativi, abbandonando quelli dove hanno una quota minoritaria. Non c'è spazio per tutti.
Regno Unito verso il duopolio
Ipotizziamo che Uber Eats e Deliveroo si fondano. La partita più importante si giocherebbe nel Regno Unito: è il mercato europeo di gran lunga più ricco. Ed è anche il più maturo, dove quindi è possibile osservare meglio il processo di consolidamento e spartizione in aree di influenza. Il leader è Just Eat (che, come Deliveroo, in Gran Bretagna ha anche la sede). Detiene circa un terzo del giro d'affari.
Alle sue spalle ci sono proprio Deliveroo e Uber Eats. Altri marchi hanno già abbandonato il campo. Delivery Hero (che opera con il proprio marchio e controlla Foodora) ha venduto le proprie attività britanniche a Just Eat nel 2016 per 200 milioni di sterline (più altri 40 legati ai risultati). La cessione, aveva affermato il ceo di Delivery Hero Niklas Östberg, sarebbe servita a “razionalizza la nostra presenza globale”. Tradotto: anziché dissanguarci in una concorrenza impari, investiamo altrove.
Ha fatto lo stesso Takeway.com, che si è quotata due anni fa dopo aver ceduto, sempre a Just Eat, le attività inglesi. L'unione Uber Eats-Deliveroo combinerebbe la forza finanziaria e logistica del primo con la rete del secondo. E creerebbe un duopolio con Just Eat, che avrebbe sicuramente un concorrente quanto mai insidioso. Dalla sua, però, ha la capacità di raggiungere centri fuori dai grandi agglomerati urbani e coinvolgere ristoranti più economici. Uber Eats e Deliveroo hanno mirato, fino a ora, a una fascia di utenti più elitaria e (soprattutto) alle grandi città. Se vorranno imporsi dovranno ramificarsi. Un tema che non vale solo per il Regno Unito ma anche, ad esempio, in Francia e Italia.
Cosa potrebbe succedere in Italia
L'Italia è un mercato in via di maturazione. Cresce, deve assestarsi. Ed è quindi piuttosto affollato. Si è però già mosso e si sta muovendo qualcosa. Nel 2015 Rocket Internet (che controlla Delivery Hero) compra Pizzabo (startup bolognese di consegne a domicilio) per la bellezza di 51 milioni. Meno di un anno dopo la vende a Just Eat a un prezzo inferiore. E nel pacchetto c'è anche l'iberica La Nevera Roja. È stato, quantomeno, un segnale: Italia e Spagna non erano in cima alla lista di Delivery Hero. O forse è stato più di un segnale, visto il prezzo di saldo: ti lascio il Sud Europa così da non averti contro a casa mia, in Germania. Il gruppo tedesco è poi tornato nel nostro Paese con Foodora. Che però sta valutando possibili acquirenti.
Le ragioni sono sempre le stesse: "La strategia – ha scritto Emanuel Pallua, il co-fondatore di Foodora - è quella di operare in modo economicamente efficiente, con focus su crescita e posizione di leadership in tutti i mercati in cui opera”. Si va via da dove non si guadagna. Delivery Hero mollerà il colpo perché c'è troppa concorrenza. Lasciando campo libero a Just Eat, Deliveroo e Uber Eats. L'eventuale matrimonio rivelato da Bloomberg riguarda quindi, molto da vicino, anche l'Italia. Dove resiste Glovo. La società spagnola è arrivata nel 2016 attraverso l'acquisizione della startup Foodinho. Si tiene lontano dal Regno Unito e dalla Germania, dove non avrebbe la forza di emergere. E punta forte sull'Europa meridionale: Spagna, Italia, Portogallo, Francia. Nel nostro Paese c'è poi un gruppo di operatori locali, che coprono alcune province lasciate scoperte dai grandi marchi: Moovenda, Foodracers, Prestofood, Cosaordino, BacchetteForchette. Potrebbero continuare ad agire da indipendenti. Oppure essere la prossima pedina del risiko, attraverso l'acquisizione da parte dei gruppi internazionali. Com'è stato per Pizzabo e Foodinho.
Europa centrale: sfida a due
Foodora non saluterà solo l'Italia ma anche Olanda (dove domina Takeaway.com), Australia (dov'è forte Just Eat) e Francia (altro Paese molto interessato alla trattativa di Uber, visto che si contendono il primato Deliveroo e Just Eat). L'obiettivo del marchio tedesco è chiaro: concentrarsi sul suo mercato più importante, quello casalingo, dove deve battere la concorrenza di Takeaway.com. La società olandese, infatti, oltre a lasciare la Gran Bretagna, ha evitato di mettere piede nel sud Europa e ha puntato su quella centrale. Germania, Olanda, Belgio, Austria e Polonia. Tutti Paesi dove non è presente Just Eat.
Cina e Paesi emergenti
Glovo copre il centro-sud America: dall'Argentina al Brasile, da Panama al Cile. Persa la partita in Italia e Regno Unito, anche Delivery Hero punta sui mercati emergenti. Guardando però a est: con il marchio Foodpanda è presente in Bangladesh, Brunei, Bulgaria, Hong Kong, Malaysia, Pakistan, Filippine, Romania, Singapore, Taiwan, Thailand e India. Nel gigante asiatico c'è anche Uber Eats. Entrambi devono vedersela con le locali Zomato (che ha ridimensionato i piani di espansione internazionale) e Swiggy. In evoluzione anche il sud-est asiatico, dove Uber ha venduto le proprie attività alla ex concorrente Grab (che ha sede a Singapore). In Indonesia si scontrerà con Go-Jek. In Cina, invece, si gioca tutta un'altra partita, che non offre spazio agli stranieri. I concorrenti locali, che hanno già da sé dimensioni importanti, hanno le spalle coperte da colossi della tecnologia: Ele.me è controllata da Alibaba; Meituan-Dianping è supportata da Tencent e Didi Chuxing (la Uber cinese) ha lanciato quest'anno le consegne a domicilio ed è partecipata da SoftBank.
I concorrenti negli Stati Uniti
L'eventuale acquisizione di Deliveroo non dovrebbe avere grandi effetti diretti sul mercato statunitense. Anche se segnerebbe comunque un rafforzamento di Uber che di certo non farebbe piacere ai suoi concorrenti. Oltre Atlantico Deliveroo e Just Eat non sono presenti. Uber Eats è invece il marchio che cresce di più nel settore. Ha già la leadership in città come Dallas, Houston, Phoenix, San Antonio e Seattle. Gli avversari sono DoorDash, Postmates e Caviar. E soprattutto GrubHub, che domina a New York, Boston, Philadelfia e San Francisco. Occhi sugli Stati Uniti, però. Perché è lì che si vedranno le mosse di un gruppo capace di scompigliare spartizioni e aggregazioni: incombe Amazon.