Apple ha comprato la Netflix dei giornali. E adesso ha deciso di fare il grande passo: convincere tre dei più prestigiosi quotidiani americani a entrare nel suo catalogo. Il responsabile dei contenuti di Cupertino, Eddy Cue, ha intavolato una trattativa con New York Times, Wall Street Journal e Washington Post. L'obiettivo è includerli in Texture, l'app acquisita lo scorso marzo.
Come funziona Texture
Texture, disponibile sia su iOS che su Android, funziona proprio come Netflix. Offre una libreria di oltre 200 testate in cambio di un abbonamento mensile. Solo che al posto di serie tv, documentari e film ci sono quotidiani, settimanali e mensili. Paghi e hai accesso illimitato agli articoli. E proprio come succede su Netflix, l'applicazione di Apple suggerisce altre testate in base agli interessi dell'utente (sempre più precisi man mano che si legge). Simile alla piattaforma guidata da Reed Hastings è anche il prezzo. Al momento, Texture costa 9,99 dollari al mese. Include soprattutto settimanali e riviste di settore, oltre alle testate che fanno capo ai gruppi editoriali che hanno venduto ad Apple.
Texture era infatti proprietà di Next Issue Media, un consorzio costituita da Condé Nast, Hearst, Meredith, Rogers Media e KKR. I giornali di peso (tra i quali Cosmopolitan, Elle, Forbes, Fortune, Newsweek, The New Yorker, Time e Vogue) non mancano. Ma l'arrivo dei tre quotidiani segnerebbe un cambio di passo sia in termini di prestigio che di volumi. Apple ha fatto il primo passo, anche se non se ne conoscono i dettagli. Non è chiaro, ad esempio, se New York Times, Wall Street Journal e Washington Post sarebbero inclusi in un abbonamento base, ne avranno uno speciale o porteranno a un ritocco del prezzo.
Pro e contro dell'accordo
Di sicuro, i quotidiani dovranno soppesare pro e contro dell'operazione. Le testate (che distribuiscono già tramite Apple News) devono fare bene i conti per capire se il matrimonio porti più vantaggi che svantaggi. Il Washington Post offre il proprio abbonamento digitale per 10 dollari al mese. Curioso e indicativo è che allo stesso tavolo siederanno Apple e Jeff Bezos, proprietario del Post. L'abbonamento al Times costa 15 dollari e quello al Wsj 37. Texture, che paga i fornitori di contenuti in base a quante volte vengono letti, potrebbe erodere parte degli abbonamenti in proprio, dai quali i quotidiani (senza intermediari) incasserebbero di più.
Altro dubbio: essere parte di un'offerta anziché averne una indipendente potrebbe allentare il cordone con il lettore. E segnerebbe comunque un rapporto di dipendenza dalle scelte di Apple. Dall'altra parte, però, c'è un'enorme base utenti: lo scorso gennaio, la Mela ha dichiarato di avere 1,3 miliardi di utenti attivi sui propri dispositivi. Per fare un confronto: a fine giugno gli abbonati digitali del Times erano 2,9 milioni. Certo, vanno fatte diverse scremature (a cominciare dalla lingua). Ma la speranza (di Cupertino ma anche dei giornali coinvolti) è che i clienti passino quanto più possibile dall'hardware ai servizi. Cioè dall'acquisto dell'iPhone alla lettura degli articoli. Apple ha già dimostrato di saper spingere questa migrazione, ad esempio con Apple Music.
L'impegno di Apple: 3 indizi
Cupertino ha dichiarato più volte di voler puntare sui contenuti. Lo dicono le parole dei vertici, i nuovi ruoli aperti nell'organigramma e il bilancio. “Ci impegniamo a offrire giornalismo di qualità da fonti affidabili – ha affermato Cue al momento dell'acquisizione di Texture - e a sostenere i vari magazine nel realizzare sempre più articoli coinvolgenti, interessanti e con splendidi contenuti grafici”.
Lo conferma anche la recente assunzione dell'ex Conde Nast Liz Schimel come “responsabile delle notizie”. E parla, prima di tutto, il bilancio. I contenuti, tradotti nel conto economico, confluiscono tra i Servizi, la voce che cresce a ritmi più sostenuti. Nell'ultima trimestrale ha portato in cassa 9,5 miliardi. Ormai vale quasi quanto le vendite di iPad e Mac messi assieme. Il suo fatturato è aumentato del 31% anno su anno. E non è solo una fonte di profitti ma anche di equilibrio. I Servizi costituiscono il 17,9% del bilancio e stanno iniziando a bilanciare il peso (eccessivo) degli iPhone. Che, a differenza dei servizi, hanno un mercato stagionale. Cioè fatto di picchi e cali. Un problema che i pagamenti digitali, l'ascolto di musica o la lettura di quotidiani accusano meno.