È atteso per la fine di questa settimana il parere dei tecnici del ministero dell'Ambiente sul piano di risanamento ambientale dell'Ilva. Questo è infatti l'impegno che ha preso il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, col responsabile del Mise, Luigi Di Maio. La tutela ambientale e la salvaguardia dei posti di lavoro sono i due motivi che rientrano nell'interesse pubblico concreto cui ha più volte fatto riferimento Di Maio in questi giorni.
La questione dell'interesse pubblico
Il ministro, sulla base del parere fornitogli dall'Avvocatura dello Stato, ha infatti detto che è illegittimo l'atto che ha portato Arcelor Mittal ad aggiudicarsi l'Ilva a giugno 2017. Tuttavia la sola illegittimità, ha precisato il ministro, non basta a determinare l'annullamento dell'atto. Perché si giunga a tanto (e Di Maio ha chiarito che su questo punto specifico la partita non è chiusa), bisogna che ci sia un interesse pubblico. Ecco, allora, la doppia verifica su ambiente e posti di lavoro. Se sarà positiva, e lo si saprà dall'istruttoria dei tecnici del ministro Costa per l'ambiente e dalla trattativa sindacati-azienda per l'occupazione, l'interesse pubblico farà venire meno le ragioni dell'annullamento, altrimenti quest'opzione riprenderà quota con tutte le incognite sul futuro a breve.
Una corsa contro il tempo
Perché l'Ilva resta pur sempre un'azienda in crisi, oltreché in amministrazione straordinaria, che dopo metà settembre avrà la cassa a secco - quindi stipendi e indotto a rischio - e per la quale, tolto Mittal, non ci sono altri compratori all'orizzonte. Inoltre, nel momento in cui Di Maio ha dichiarato che l'illegittimità della gara è frutto del 'pasticcio' del Governo precedente e non dell'acquirente Mittal, a cui il ministro ha riconosciuto buona fede, la multinazionale diviene più forte a fronte di un eventuale contenzioso con relativa richiesta di risarcimento. Contenzioso che Mittal potrebbe aprire nei confronti dello Stato italiano se l'Ilva, a seguito dell'annullamento della gara, gli dovesse essere sfilata. Ma intanto la scadenza più immediata riguarda il pronunciamento dell'Ambiente. Costa ha promesso tempi serrati e ha parlato di due step: uno sulle cose fatte nell'Ilva e l'altro sulle cose da fare. "Ultragara" ha precisato.
Va tuttavia chiarito che agli inizi del 2017 il piano ambientale dei due contendenti per l'Ilva - Am Investco con Arcelor Mittal e Acciaitalia con Jindal e Cassa Depositi e Prestiti - fu già messo sotto la lente dai tre esperti nominati dall'allora ministro Gian Luca Galletti, i quali apportarono anche una serie di integrazioni accettate in toto dai due gruppi (se non l'avessero fatto, in base alla procedura sarebbero stati esclusi dalla prosecuzione della gara). Inoltre, nelle settimane scorse Mittal ha presentato proprio sull'ambiente un 'addendum' al contratto di acquisto nel quale si pone ulteriori obiettivi per l'abbattimento delle emissioni e abbrevia i tempi di realizzazione di una serie di interventi. Il taglio dei tempi va da 6 a 30 mesi. Mittal ha definito l''addendum' un quadro molto avanzato, oltrechè definitivo, mentre Di Maio ha dichiarato che non è ancora adeguato. Si vedrà, adesso, cosa potrà concedere di più Mittal, visto che uno dei tempi della partita si è spostato al ministero dell'Ambiente.
Il nodo dell'occupazione
Più problematico, invece, l'aspetto dell'occupazione. Di Maio attende che la trattativa tra metalmeccanici e Mittal riparta presto in modo da alzare l'asticella dei lavoratori da assumere - oggi ferma a 10 mila unità - e soddisfare così un altro pezzo del pubblico interesse. Ma se è vero che i sindacati vogliono da tempo numeri occupazionali più alti dei 10 mila, è anche vero che non intendono sedersi al tavolo come sollecita il ministro se prima lo stesso non chiarisce tutta la situazione.
"Non esiste - spiega Rocco Palombella, segretario generale Uilm - che noi ci sediamo al tavolo, discutiamo, magari troviamo anche un accordo con Mittal, e poi arriva Di Maio e dice: basta, non si fa più niente, perché la gara è illegittima. Oppure dica: la gara è illegittima, per me andava annullata, però, siccome i sindacati l'accordo l'hanno fatto e Mittal ha il contratto firmato in tasca, io non posso fare nulla. E no, non va bene così. E' il ministro che deve assumersi in pieno le sue responsabilità".
Gli fa eco Marco Bentivogli, segretario generale Fim Cisl: "Aspettavamo chiarezza e stiamo ricevendo confusione, aspettavamo decisioni e responsabilità e stiamo vedendo un scaricabarile indegno con Di Maio che spera che siano altri a toglierli la patata bollente dalle mani, prima l'Anticorruzione, poi l'Avvocatura dello Stato, adesso il ministero dell'Ambiente. Vorrebbe, insomma, che altri decidessero la chiusura per lui". Bentivogli nelle ultime ore apre anche un'altra polemica: è vero che Lucia Morselli, ad nella cordata Acciaitalia - oggi venuta meno - è adesso consulente di Di Maio per l'Ilva e lavora per un ritorno in campo di Jindal? "Si tratterebbe di un grande conflitto di interesse" rileva Bentivogli. Che sottolinea come l'Ilva sia ormai vicinissima al punto di collasso. "Bisogna decidere, non traccheggiare" rileva. "Sciopero? Beh, se non ci fossero segnali, e' inevitabile - dice Bentivogli - abbiamo scioperato con i Governi Pd per l'Ilva, mica possono fermarci i Cinque Stelle".
"Sull'occupazione - aggiunge Palombella - Mittal ha dichiarato una disponibilità di massima a fare passi avanti ma poi non li ha esplicitati. Mittal sa che più giorni passano, più si fa forte. Oltretutto, il ministro gli ha riconosciuto correttezza e il 15 settembre si avvicina. Dopo quella data, l'Ilva avrà bisogno dei soldi di Mittal per non affondare". "Noi - afferma Palombella - sui numeri diciamo: oggi Ilva produce 4,7 milioni di tonnellate di acciaio l'anno con 11 mila addetti mentre altri 2.500-3.000 sono in cassa integrazione. Parliamo di gruppo. Se Mittal punta a 8 milioni di tonnellate di acciaio, più altri 2 milioni importando semilavorati, come può farlo solo con 10 mila addetti? Ecco perché deve assumere più persone. E prendersi l'impegno che se a fine piano industriale, nel 2023, e dopo gli esodi agevolati e volontari, dovessero esserci ancora degli esuberi, dovrà farsene carico".
E intanto sabato l'ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha fatto richiesta di accesso agli atti relativi al procedimento avviato da Di Maio per l'accertamento della regolarità del procedimento per la cessione, con particolare riguardo al parere dell'Avvocatura dello Stato. Con l'impegno "di mantenere riservato, una volta conosciuto" il contenuto del parere. Nella richiesta inviata al Mise, Calenda respinge la clausola di non ostensibilità del parere, ricordando che "la decisione ultima riguardo alla divulgazione esclusivamente spetta al ministero richiedente, che ne ha già anticipato pubblicamente il contenuto contraddicendo nei fatti l'esistenza di un vincolo di segretezza". Inoltre, si legge nell'istanza, "il parere in questione costituisce parte integrante del procedimento di autotutela e, in quanto tale, anche alla luce della giurisprudenza amministrativa in materia, non può essere sottratto all'accesso".