Atene è salva ma la strada è tutta in salita. Il 20 agosto 2018 la Grecia è uscita dal terzo e ultimo piano di salvataggio internazionale, il più grande della storia. L'economia non sarà più sotto tutela della cosiddetta "troika" (composta da Ue, Bce e Fmi).
Dopo Portogallo, Irlanda, Spagna e Cipro, era l'ultimo Paese dell'Eurozona a beneficiare di un programma di aiuti internazionali, annunciato nell’aprile 2010 dopo la gravissima crisi finanziaria che aveva colpito l’Europa.
Il 20 agosto è una data importante anche per Bruxelles, ma i problemi non sono finiti: né per la Grecia né per l’Europa. Atene raggiunge questo traguardo portando sulle spalle i segni di otto anni di austerità e una crescita economica ancora stentata.
Aiuti in cambio di riforme
Nei tre programmi di aiuti che si sono succeduti - nel 2010, nel 2012 e infine nel 2015 - Ue, Bce e Fmi hanno prestato ad Atene un totale di 289 miliardi di euro (141,8 miliardi erogati dal Fondo salvastati Esm tra il 2012 e il 2015, cui si aggiungono i successivi 61,9 miliardi nel terzo programma, i 52,9 miliardi somministrati dal 2010 al 2012 in forma bilaterale dagli altri membri dell'Eurozona e i 32,1 miliardi del FMI). Con l'obbligo di compiere riforme e tagli.
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Le riforme economiche non sono state senza conseguenze: in otto anni un quarto del Pil è evaporato. La popolazione continua a essere colpita da povertà e disoccupazione, arrivata a superare il 27% nel 2013, scrive in un lungo articolo Bloomberg.
A definire il piano di salvataggio un fallimento è il Guardian. "La teoria della Contrazione Fiscale Espansionistica (EFC), alla base della politica monetaria che ha preso piede in Europa dopo la crisi finanziaria, poggiava sulla convinzione che l’impegno a ridurre il deficit di bilancio e ad abbassare il debito pubblico avrebbe aumentato la fiducia dei mercati finanziari", scrive Larry Elliott sul quotidiano britannico. Tale politica è stato “un vero disastro”. Soprattutto in Grecia.
“Tra le disfunzionalità delle banche, il credito prosciugato e gli investimenti in calo nel settore privato, tagliare gli investimenti pubblici ha avuto l'effetto contrario a quello previsto”, prosegue il Guardian. “In pratica, mentre i consumatori e le imprese si ritiravano dal mercato, la politica monetaria aveva l’effetto di contrarre la domanda nel sistema economico. La riduzione dei salari del settore pubblico e del valore dei sussidi ha comportato il declino della spesa per i consumi e l’ulteriore depressione degli investimenti privati. In Grecia, questo approccio ha portato a una spirale di declino in seguito alla perdita di posti di lavoro e al crollo delle entrate fiscali. Il debito pubblico è salito anziché diminuire, portando a pressioni per ulteriori tagli”.
Non è finita l’austerità
Come scrive il Sole 24 Ore, la Grecia resta sotto monitoraggio rafforzato (trimestrale) da parte dei creditori europei. Non solo: il governo di Tsipras ha dovuto garantire forti avanzi primari costanti del bilancio statale fino al 2060. Rischia poi di essere complicato, e di subire ritardi a causa di una serie di fattori esterni (dalla Turchia all'Italia), l’effettivo ritorno del Paese sui mercati dei capitali. Sullo sfondo, il prolungato clima pre-elettorale (il voto potrebbe essere anticipato alla prossima primavera) che potrebbe rilanciare pulsioni “populiste” finora contenute.
Non mancano – ovviamente - i segnali positivi. Oggi l'economia sta di nuovo crescendo; a maggio la disoccupazione, per la prima volta dal 2011, è tornata al di sotto del 20%. "La crisi della zona euro è finita il 20 agosto, è l'epilogo", ha detto Klaus Regling, direttore generale dell'Esm, in un'intervista a Der Spiegel.
Ora Atene – che il Fondo vuole trasformare in una storia di successo - deve portare avanti il programma di riforme concordato. Per la prima volta dalla sua istituzione – scrive ancora il Sole - il Fondo salva-stati europeo resta disoccupato. Ad annunciarlo il presidente Mario Centeno. “Questo risultato – ha detto - è stato possibile grazie allo sforzo straordinario del popolo greco, alla buona cooperazione con l'attuale governo e al supporto dei partner europei attraverso prestiti e sollievo sul debito. Ci voluto più tempo di quanto atteso, ma credo che ci siamo: l'economia greca è tornata a crescere, con bilancio statale e commerciale in surplus e una disoccupazione in costante calo”.
Il 22 giugno, il giorno dopo la conferma da parte dei creditori che i risultati della Grecia le permettevano di uscire dai piani di aiuti e di ottenere condizioni più vantaggiose per il rimborso dell'enorme debito (che è pari al 180% del Pil), il premier greco, Alexis Tsipras aveva esultato. Secondo la stampa vicina al governo, Tsipras ha accantonato l’idea delle celebrazioni – con un summit con alcuni leader europei - perché il suo esecutivo è sotto pressione per la controversa gestione degli incendi che hanno devastato l’Attica orientale a fine luglio.
Il quotidiano d'opposizione Ta Nea, dal canto suo, sabato ha sintetizzato la situazione con questo titolo: "21 agosto, ora zero. Il salvataggio è finito, l'incubo continua". A lungo termine, secondo Il Fondo Monetario Internazionale, il debito greco appare ancora insostenibile.
Paura Italia
Con la conclusione del programma di assistenza finanziaria "i cittadini greci iniziano un nuovo capitolo nella loro storia", ha detto il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, in un comunicato. L’uscita della Grecia dalla prigione del debito potrebbe segnare la fine della crisi dell’eurozona, ma resta una mina vagante: l’Italia. Lo scrive il Wall Street Journal: “Le scosse di mercato rivissute la scorsa settimana sul debito italiano e i nuovi attacchi contro l'establishment europeo da parte dei politici a Roma”, ha scritto il quotidiano, “suggeriscono che lo spettro di una destabilizzante fuga di capitali da un Paese della zona euro potrebbe verificarsi di nuovo. Un primo test arriverà questo autunno, quando il nuovo governo populista italiano dovrà presentare la legge di bilancio e spiegare come coprirà le sue costose promesse agli elettori”.