Rischia di slittare ulteriormente il rinnovo del cda della Cassa depositi e prestiti. È stallo nel governo sulle nomine: l'intesa politica tra M5s e Lega non è ancora stata raggiunta e la partita per sostituire gli attuali vertici in scadenza - il presidente Claudio Costamagna e l'ad Fabio Gallia devono essere rinnovati entro il mese - è destinata a intrecciarsi con il rinnovo dei vertici di Fs, altro banco di prova per l'esecutivo.
"Procede tutto bene, stiamo cercando i migliori", ha assicurato il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio. Ma di fatto il governo, che dovrà indicare anche altri cinque consiglieri della Cassa, non ha ancora sciolte le riserve sui nomi. E non è detto che le liste del cda saranno pronte entro mercoledì, giorno in cui è stata convocata l'assemblea di Cdp che, a questo punto, potrebbe essere rinviata ancora dopo vari slittamenti (l'ultimo il 13 luglio scorso).
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A giugno le Fondazioni, che complessivamente detengono circa il 16% del capitale, e alle quali da statuto spetta l'indicazione del presidente, avevano espresso come candidato Massimo Tononi, ex Goldman Sachs, già sottosegretario all'Economia nel governo Prodi ed ex presidente Mps, designando anche gli altri due componenti del consiglio di amministrazione: Matteo Melley e Alessandra Ruzzu. Ma il vero scoglio è la scelta dell'amministratore delegato che spetta invece al Mef, azionista di maggioranza con oltre l'82% del capitale.
Il Tesoro ha vagliato diverse profili e punterebbe su Dario Scannapieco, già vicepresidente della Bei, gradito anche al Carroccio. Ma sul suo nome non c'è ancora convergenza. Avrebbe perso quota la candidatura di Marcello Sala, manager di Intesa San Paolo caldeggiato dalla Lega e dato in pole nei giorni scorsi, sul quale i Cinquestelle avrebbero posto il veto. Resta in corsa Fabrizio Palermo, attuale direttore finanziario, sostenuto dai 5S, che potrebbe andare a ricoprire anche il ruolo di direttore generale.
La Cassa grazie ai risparmi postali degli italiani dispone di un patrimonio di 410 miliardi di euro e gli M5S vorrebbero trasformarla in una sorta di Banca per gli investimenti. L'istituto dovrebbe fornire credito a tassi moderati alle piccole e medie aziende e finanziare iniziative di interesse pubblico e strategico nazionale.