Tesla ha raggiunto l'obiettivo inseguito per mesi: produrre 5.000 Model 3 a settimana entro la fine di giugno. Senza questo traguardo probabilmente l'azienda sarebbe stata punita dal mercato. Che, tuttavia, non ha festeggiato. Anzi: il 2 luglio, nella seduta successiva all'annuncio, il titolo ha perso il 2,30%. E il 3 luglio non solo ha fallito il rimbalzo, ma ceduto un altro 7,23%. Perché?
Meno annunci, più conferme
In passato, analisti e investitori hanno premiato le dichiarazioni del ceo Elon Musk. Oggi sono molto più cauti, soprattutto sui risultati di breve periodo e sui singoli obiettivi. Tradotto: vogliono conferme. La Model 3, cioè la vettura più economica del gruppo, è la prima che punta a un pubblico di massa. Non è un'utilitaria, ma il suo prezzo di partenza (35.000 dollari) è assai più basso rispetto a quelli di Model S e Model X. Il suo sviluppo era quindi legato all'esigenza di dimostrare che Tesla potesse produrre ampi volumi.
Svelata nel 2016, la Model 3 è entrata in fabbrica nel luglio 2017. Il gruppo avrebbe dovuto sfornare 5.000 vetture a settimana già a dicembre. Appuntamento rimandato per due volte, fino a ora. Elon Musk, che sapeva di giocarsi molto, ha accelerato: ha rivisto gli impianti, aumentato le loro ore di attività e ha trasferito parte della capacità produttiva di Model S e Model X verso la Model 3.
Proprio questa serie di interventi d'urgenza fanno tentennare diversi analisti, in attesa di ricevere conferme sulla sostenibilità di questi ritmi anche nel medio lungo termine. Tesla ce l'ha fatta per un soffio (le vetture sono state 5.031). Ma bisognerà vedere se questo livello sarà supportato e, anzi, incrementato. Elon Musk lo sa bene e ha già rilanciato: entro la fine di agosto la produzione punta a toccare le 6.000 unità a settimana.
La fretta ha condizionato la qualità?
L'analista di Ubs Colin Lang, intervistato da Reuters, ha sottolineato poi altri due elementi che potrebbero aver zavorrato le azioni Tesla. Il primo è il numero di segnalazioni, incidenti e guasti. Per quanto non siano statisticamente rilevanti, inducono alla cautela, in attesa di verificare se la fretta non abbia impattato sulla qualità. Proprio questa incognita, avrebbe affossato il titolo il 3 luglio. Secondo un documento interno ottenuto da Business Insider, Musk avrebbe ordinato agli ingegneri di saltare un test di sicurezza sui freni per accelerare la produzione della Model 3.
Produzione ancora sotto le attese
Il secondo dubbio riguarda le vetture in circolazione. Nel secondo trimestre, ha affermato Tesla nella sua comunicazione alla Sec, sono state consegnate 40.740 (18.440 sono Model 3). Una cifra che resta al di sotto delle aspettative del mercato.
Nel secondo trimestre, per la prima volta il numero di Model 3 prodotte ha superato quello di Model S e Model X messe insieme. Ma prima di dire se si tratta di un successo consolidato, spiegano gli analisti, manca un altro tassello. Fino a ora Tesla si è concentrata sulle versioni più rifinite e costose.
In sostanza, quindi, di Model 3 da 35.000 dollari se ne sono viste poche. Tutti questi elementi avrebbero quindi condizionato l'andamento del titolo, anche perché sono tutte incognite sui tempi con cui Tesla raggiungerà la profittabilità.
Tesla perde pezzi
Per Musk, che poche settimane fa aveva definito “infernale” la produzione della “piccola” di casa, il peggio è passato. Il comunicato della compagnia parla dei “12 mesi più difficili della storia di Tesla”. E di “orgoglio” per il traguardo raggiungo. “Non è stato facile, ma alla fine ce l'abbiamo fatta”.
Eppure, poche ore dopo e nonostante la “missione compiuta”, la società ha inviato un altro segnale che non ha certo contribuito a rassicurare gli investitori: ha confermato che Doug Field, capo della produzione di Model 3, lascerà la compagnia. Musk lo aveva di fatto congedato in primavera, mettendosi direttamente al comando. Adesso il congedo si è tradotto in un addio. E non è il primo: ad aprile aveva salutato anche Jim Keller, responsabile di un altro progetto chiave per Tesla, come il sistema di guida autonoma.