Gli italiani pagano in contante. Ogni volta che possono. Al punto da ricorrere a strumenti alternativi appena 100 volte in un anno, contro le 400 degli olandesi e le 300 dei francesi. E’ quanto emerge dai dati di Bankitalia che confermano la passione del nostro Paese per il contante. Ribadita anche dalla Bce, riporta il Sole 24Ore, secondo cui gli italiani saldano cash l’86% delle transazioni, e solo il restante 14% con bancomat, carte di credito, bonifici, Rid e assegni.
Cosa ne pensano Salvini e Di Maio
E gli italiani continueranno a preferire le banconote anche in futuro se nulla cambierà, come lasciano prevedere le recenti dichiarazioni del vicepremier e ministro dell’Interno Matto Salvini. “Fosse per me non porrei nessun limite al contante”, ha detto lasciando intendere che il tema non è nel contratto di governo firmato con il Movimento 5 Stelle.
Poco dopo sulla questione è intervenuto anche il ministro dello Sviluppo Economico/Lavoro, Luigi Di Maio, ai microfoni di Rtl 102,5: “Nel contratto questo punto non c’è, lavoriamo su altri fronti: per esempio quello che vivono tanti commercianti in Italia, nel pagamento elettronico, dobbiamo eliminargli i costi”.
La stretta di Monti e il passo indietro di Renzi
Nel 2011 l’allora premier Mario Monti aveva abbassato a 1.000 euro la soglia oltre la quale è obbligatorio usare mezzi tracciabili. Poi, nel 2016, il Governo guidato da Matteo Renzi l’ha alzata a tremila euro. Sia l’iniziativa di Renzi, che le proposte di Salvini e Di Mio vanno nella direzione opposta rispetto alle raccomandazioni-Paese stilate dalla commissione Ue e approvate venerdì scorso dai ministri delle Finanze dell’Unione. Nel testo, infatti, si chiede di rendere obbligatori i pagamenti elettronici anche per le cifre più basse.
Perché limitare gli acquisti cash
Le ragioni per limitare le transazioni cash sono diverse. Prima tra tutte rendere più difficile fare acquisti con i proventi dell’evasione fiscale senza farli transitare su un conto corrente. Un obiettivo, il contrasto al sommerso, sottolineato come prioritario dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e menzionato anche nel documento Ue. Ma favorire le transazioni tracciabili significa anche ridurre gli spazi di manovra per riciclaggio, corruzione e criminalità in genere.
Senza considerare gli altri rischi evidenziati da chi vorrebbe meno contante: detenere e usare banconote può essere più rischioso anche in termini di sicurezza personale e di certezza dei rapporti, perché i pagamenti tracciabili sono di per sé “documentati”. Si pensi ad esempio agli stipendi di colf e badanti, che potranno essere ancora saldati in denaro dopo l’obbligo di pagamento tracciato che scatta per i datori di lavoro da domenica 1 luglio.
Un danno fiscale da 24 miliardi
Il mancato gettito fiscale derivante dall'utilizzo del cash è pari a 24 miliardi all'anno. E’ la stima dell'Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano secondo cui il 34% del transato in contante non è dichiarato, dunque sfugge al fisco, generando un fiume di denaro sporco che alimenta l'economia malata di questo Paese. Economia malata che arricchisce gli evasori e rende poveri i contribuenti.
A ciò va aggiunto anche un costo fisso poco conosciuto, e cioè quello relativo alla gestione e al trasporto del contante, che sempre secondo le stime dell'Osservatorio, impatta sul sistema Italia per 9,5 miliardi di euro all'anno.