Solo 114 aziende hanno chiesto (e ottenuto) gli sgravi contributivi pari al 5% della retribuzione prevista per i programmi di lavoro agile. Ma quasi certamente il budget 2017 di 55 milioni non sarà raggiunto, quindi chi ha fatto domanda otterrà il beneficio. È quanto emerge dai primi dati relativi all'applicazione della legge 81 del 2017 sul lavoro agile, anticipati da ItaliaOggi Sette.
I numeri dello smart working
Più nel dettaglio, le richieste di sgravio presentate dalle aziende nel 2017 sono state 314 e 313 quelle accolte (quindi una sola è stata respinta). Di queste, 231 interessano le misure dell'area d'intervento della flessibilità organizzativa e all'interno di questa categoria le misure sono così suddivise:
- il lavoro agile risulta inserito nel contratto da 114 aziende
- la flessibilità oraria da 147 aziende
- il part-time da 100 aziende
- la banca delle ore da 66 aziende
- la cessione solidale da 29 aziende
Ciascuna azienda doveva indicare almeno due misure. C’è da sottolineare, inoltre, che delle 231 domande la maggior parte era interessata alla flessibilità in entrata e uscita più che al lavoro in remoto. In altri termini, la legge sullo smart working è stata un flop.
Troppo caute le aziende (e persino i lavoratori)
Il motivo sembra da ricercarsi in un approccio piuttosto cauto da parte delle aziende, ma anche dei lavoratori, che spesso vedono l'allontanamento dal posto di lavoro come anticamera del licenziamento oppure temono che il lavoro fuori dall'ufficio finisca per coinvolgere eccessivamente anche la propria vita privata. Un'altra ragione che può spiegare l'insuccesso è legata ai tempi molto stretti dell'operazione.
Le domande per ottenere gli sgravi contributivi dovevano essere presentate entro 15 novembre '17 e dovevano essere riferite ai contratti collettivi depositati da gennaio a ottobre dello stesso anno. Ma la normativa sul lavoro agile è entrata in vigore il 14 giugno, ed il decreto che disciplinava le modalità per la richiesta degli incentivi è arrivato solo a settembre del 2017. Inoltre la richiesta presupponeva un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, cosa che non sempre è possibile realizzare in tempi rapidi (anche se bisogna ammettere che le informazioni sulle agevolazioni contributive per il lavoro agile erano circolate ben prima che le relative norme entrassero in vigore).
300 mila lavoratori agili in Italia
Secondo i dati dell'Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano nel 2017 il 36% delle grandi aziende ha avviato progetti strutturati di lavoro agile, contro il 30% dello scorso anno. L'interesse per il lavoro agile, secondo questa ricerca, aumenta anche tra le pmi, ma con un approccio più informale: il 22% ha in corso progetti di smart working, ma solo il 7% con iniziative strutturate; infine, il 53% di queste aziende ritiene il lavoro agile poco applicabile alla propria struttura produttiva. Stiamo comunque parlando di numeri di tutto rispetto, in grado di coinvolgere una platea i 300 mila lavoratori, pari all'8% del totale.
Il mercoledì è il giorno migliore per lavorare da casa
Quelle (poche) società che hanno istituito lo smart working farebbero meglio a spingere i loro dipendenti per il mercoledì ‘casalingo’. E’ questo il consiglio di Shari Buck, co-fondatore di Doximity, piattaforma americana di servizi di social networking con base a San Francisco, che ha raccontato a Quartz come spezzare in due la settimana sia la scelta più saggia. “Per i nostri affari, il mercoledì a casa è stata la chiave di successo”, ha detto Buck. “Ed è per questo che abbiamo deciso che quello sarebbe stato il giorno giusto per tutta l’azienda”. Questione di sincronia ma anche di risparmio: se tutti i 280 impiegati si assentano lo stesso giorno è possibile chiudere tutti gli uffici, con una notevole riduzione dei costi.
Perché il mercoledì è giorno giusto
Ci sono due motivi che rendono il mercoledì il giorno giusto per lavorare da casa:
- Il primo è dovuto al fatto che così facendo è possibile spezzare in due la settimana in modo produttivo. “Due giorni in ufficio, uno a casa e due in ufficio”. Ciò porta inevitabilmente a un’organizzazione con un “buon flusso di lavoro e riunioni concentrate nel lunedì e martedì e nel giovedì e venerdì”.
- Il secondo motivo è legato al fatto che lavorare da casa il mercoledì anziché il lunedì o il venerdì evita ai lavoratori la percezione di avere tre giorni liberi. “Il mercoledì a casa è comunque un giorno lavorativo e il fatto di dover tornare in ufficio il giovedì è un buon promemoria”.