Il digitale è un canale di vendita, spesso, irrinunciabile. Tante aziende però sono obbligate a passare da alcuni “imbuti”, che si chiamano Amazon, Google, Expedia. Intermediari che danno più o meno visibilità a un articolo, un'azienda, un hotel.
Con quali criteri? Vuole capirlo meglio l'Unione europea, che ha presentato una proposta di legge rivolta alla gestione dei rapporti tra grandi piattaforme e aziende. Obiettivo: “Garantire un contesto imprenditoriale equo, prevedibile, sostenibile e affidabile nell'economia online”.
La parola chiave è “trasparenza”. Nei termini di utilizzo dei servizi, la loro gestione dei dati, le politiche di prezzo adottate, i motivi che portano all'esclusione o alla maggiore visibilità di un'impresa. Le regole si rivolgono quindi a qualsiasi piattaforma che, in base alle esigenze degli utenti, restituisce una gerarchia di offerte. Come fanno app store, motori di ricerca, siti di e-commerce e servizi di prenotazione di hotel.
“Contro l'abuso di potere”
“Piattaforme e motori di ricerca – ha spiegato la commissaria all'Economia digitale Mariya Gabriel – sono canali importanti per far sì che le imprese europee raggiungano i propri clienti. Dobbiamo essere certi che non abusino del loro potere. Stiamo facendo un passo importante – ha continuato – per introdurre regole chiare sulla trasparenza, un meccanismo efficiente per la risoluzione delle controversie”. La proposta include anche “l'avvio di un osservatorio per analizzare le pratiche delle piattaforme online in modo più dettagliato”. Si tratta, appunto, di “un passo”. Che porterà al Parlamento europeo e poi all'approvazione dei singoli Stati. Non si tratta quindi, ancora, di una legge, ma di una proposta. Ecco quello che prevede.
Aumento della trasparenza
Le piattaforme online devono garantire che le condizioni applicate siano facilmente “comprensibili e disponibili”. Devono essere indicati “in anticipo” (cioè nei termini di servizio sottoscritti quando si accede al servizio) i motivi per cui un'impresa può essere eliminata o sospesa dalla piattaforma. In questi casi, sarà comunque obbligatorio dare un preavviso per consentire alle aziende di attuare modifiche per adeguarsi.
La gestione dei dati
Le piattaforme devono formulare e pubblicare “politiche generali” che riguardano: i dati generati dai loro servizi cui è possibile accedere, chi può accedervi e a quali condizioni; il trattamento dei dati; il modo in cui utilizzano le clausole contrattuali per richiedere la gamma più favorevole o il prezzo più conveniente dei prodotti e dei servizi offerti. Gli intermediari online e i motori di ricerca dovranno “stabilire i criteri generali che determinano l'ordine in cui i beni e i servizi sono classificati”. L'Unione europea vuole quindi mettere un occhio negli algoritmi che rispondono alle domande degli utenti.
Risoluzione delle controversie
Quando aziende piattaforme arrivano allo scontro, le nuove regole puntano a un percorso che faciliti la risoluzione delle controversie. Gli intermediari devono dotarsi di un sistema interno di trattamento dei reclami. Per non favorire un punto d'incontro senza arrivare in tribunale, le piattaforme online dovranno “elencare nelle loro condizioni i nominativi dei mediatori indipendenti e qualificati con cui intendono cooperare in buona fede per la risoluzione delle controversie”. Per riequilibrare la bilancia delle forze in campo, l'Ue offrirà alle aziende uno strumento in più: “Alle associazioni che rappresentano le imprese sarà riconosciuto il diritto di agire in giudizio per conto delle imprese per ottenere l'applicazione delle nuove norme”.
L'osservatorio europeo
L'Ue battezza un osservatorio per capire se le nuove norme (quando approvate e applicate) funzionano. “Monitorerà problematiche e opportunità attuali e future nell'economia digitale” per consentire alla Commissione di sviluppare nuovi punti o correggere rotta. In base ai risultati fotografati dall'osservatorio, “la Commissione valuterà la necessità di ulteriori misure entro tre anni”.