La prossima stagione di Narcos sarà sulle criptovalute? No, anche se questa storia sembra più una sceneggiatura (grottesca) che un'operazione finanziaria. Roberto Escobar, fratello del narcotrafficante Pablo, ha lanciato una sua criptovaluta. E per battezzarla ha deciso di proporre un'Ico: dollari in cambio di un gettone digitale chiamato “DietBitcoin”. Obiettivo: (nientemeno che) scalzare Bitcoin e rendersi indipendente dai “gringo”. Sì, perché Escobar è certo che la prima valuta digitale sia stata creata “dal governo americano”.
Satoshi Nakamoto? È la Cia
Satoshi Nakamoto non esisterebbe. Probabile e, fin qui, niente di nuovo. Escobar, però, va oltre: Nakamoto sarebbe in realtà un nome inventato dai servizi segreti statunitensi. Un fantoccio. Quando la Cia “deciderà di vendere tutti i suoi bitcoin, il prezzo crollerà”. Ecco perché farsi una propria criptovaluta.
I primi DietBitcoin verranno offerti a un prezzo super-scontato. Due dollari anziché 50. Poi, a scaglioni, il prezzo salirà fino 100 dollari, per poi arrivare a 1000. Dietro non c'è una startup che permetterà di acquistare propri servizi con il gettone. DietBitcoin è una criptovaluta che scommette su se stessa. In sostanza Escobar dice: compratela perché oggi costa poco ma è destinata ad apprezzarsi, mentre Bitcoin sarà distrutto dalla Cia.
La storia, che puzza di inconsistenza visti i personaggi in ballo, assume i connotati della farsa. Roberto Escobar afferma di aver parlato telefonicamente con Satoshi Nakamoto, il padre di Bitcoin. Dice di aver ricevuto anche una copia del suo passaporto (che pubblica, oscurando però la foto) ma di aver capito che si trattasse di un falso. La cosa divertente (a meno che qualcuno non ci caschi) è che il racconto non è un'allegra intervista rilasciata da Escobar: accuse e complotti sono scritti nero su bianco sul whitepaper dell'Ico, cioè sul documento “formale” che dovrebbe raccontare gli obiettivi e i dettagli dell'operazione.
La grottesca storia dei narco-bitcoin
Come se non bastasse, il racconto dei narco-bitcoin si accompagna con con un libro, in vendita anche su Amazon, intitolato “Pablo Escobar's DietBitcoin”. Sulla copertina c'è un fotomontaggio del peggior artigianato digitale: testa di “Don Pablo” montata su abito gessato e mani che imbracciano un fucile.
Cosa c'entra con le criptovalute? Non è dato sapere. E leggendo il libro la domanda non trova risposta. Si parla di narcotraffico e della vita nella “Catedral”, la prigione-hotel fatta costruire da Escobar dopo l'accordo con il governo colombiano. E solo negli ultimi capitoli, in modo superficiale, si accenna alle monete virtuali.
Pablo Escobar "rinomato uomo d'affari"
Roberto Escobar, quindi, non nasconde il proprio passato (e come potrebbe?). Ma propone DietBitcoin descrivendosi come “uomo d'affari” e vantando “profitti per 100 miliardi di dollari”. Al suo fianco ci sono Olof K.Gustafsson, 25 enne svedese che risulta ceo della Escobar Inc (holding fondata da Roberto) e Daniel D. Reitberg (coo della stessa società).
Nel documento che parla dell'Ico c'è anche una breve descrizione di Pablo Emilio Escobar Gaviria, testimonial postumo dell'operazione. Narcotrafficante? No: “Rinomato uomo d'affari, proprietario di diverse attività” che gli hanno permesso di incassare “all'apice della carriera 20 miliardi di dollari l'anno”.