Il presidente Usa Donald Trump ha bloccato la vendita di Qualcomm a Broadcom, adducendo "preoccupazioni" per la sicurezza nazionale. Lo riporta il Washington Post. L'offerta ostile da parte di Broadcom ammonta a circa 115 miliardi di dollari. Se si fosse concretizzata l'intesa - ora appunto fermata con un ordine esecutivo - avrebbe messo uno dei maggiori produttori di chip mobili americani nelle mani di una società con sede a Singapore.
Qualcomm è oggi uno dei più grossi produttori al mondo di processori per smartphone ed è una delle aziende che ha contribuito di più allo sviluppo delle reti e del settore mobile. Il decreto presidenziale, firmato il 12 marzo, è motivato anche dal timore che la Cina possa superare gli Stati Uniti nello sviluppo della tecnologia wireless 5G, come riporta la Bbc.
Nelle motivazioni del decreto si legge che ci sarebbero “prove fondate” che l’acquisizione di Qualcomm avrebbe “minacciato di indebolire la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Ragione per cui si ordina alle aziende di “rinunciare immediatamente e permanentemente all’annunciata acquisizione nei confronti di Qualcomm”.
Intel reportedly looking to buy Broadcom, which is trying to take over Qualcomm https://t.co/CsQrqAAdAQ pic.twitter.com/KXXMvbg0lA
— Android Police (@AndroidPolice) March 10, 2018
Questo colpo di scena mette così fine alla battaglia per il controllo del produttore di chip mobile, che nelle ultime settimane vedeva asserragliate le dirigenze di entrambe le società e gli investitori col fiato sospeso. Qualcomm, secondo quanto riportava il Financial Times, avrebbe accettato l'acquisizione da parte di Broadcom solo se si fosse alzata l'offerta a 160 miliardi di dollari.
Inizialmente, invece, la società ne aveva offerti 105 ma il management di Qualcomm aveva rifiutato. Broadcom allora aveva alzato l'offerta a 120 miliardi mettendo la clausola secondo cui, in caso di osteggiamento dalle autorità avrebbe pagato a Qualcomm 8 miliardi, e nel frattempo aveva però proposto un suo gruppo di candidati alla dirigenza Qualcomm.
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L’inseguimento di Broadcom all’azienda basata a San Diego è durato esattamente quattro mesi, attirando anche l’interessamento della Commissione sugli investimenti stranieri negli Stati Uniti (Cfius), entità al servizio del Dipartimento del tesoro. L’acquisizione, con una proposta ostile da quasi 115 miliardi di euro, avrebbe creato la terza più grande realtà nel mercato dei microchip, dietro Intel e Samsung. Questo avrebbe avvantaggiato sensibilmente Singapore nella corsa alla produzione di tecnologie wireless 5G, nella quale gli Stati Uniti sono considerati il maggior attore sul mercato.
Secondo il Cfius, le conseguenze dell’acquisizione di Qualcomm da parte della sua omologa asiatica, avrebbe potuto comportare una serie di rischi, tra i quali tagli al settore ricerca e sviluppo e accordi con “entità terze straniere”. Broadcom ha risposto di essere in disaccordo con i rischi prospettati nel caso in cui l’operazione fosse andata in porto.
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A giustificare l’intervento del Presidente degli Stati Uniti, e l’approccio protezionistico nei confronti di società estere delle telecomunicazioni, il ricorrente timore di cadere nella rete dello spionaggio dei Paesi asiatici. Il mese scorso, durante una seduta della Commissione del Senato sull’intelligence, i direttori delle sei principali sigle dei servizi segreti americane avevano espresso la loro preoccupazione per il successo di aziende provenienti dalla Repubblica Popolare come Huawei e Zte, considerate potenziali attori di cyber intelligence contro gli interessi nazionali americani. A gennaio l’operatore AT&T aveva dovuto rinunciare a stipulare un accordo con Huawei proprio a causa di pressioni politiche, motivate appunto da questioni di sicurezza nazionale.
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