Potrebbe esserci una sola persona dietro il balzo dei bitcoin da 150 a 1.000 dollari. Il salto risale al 2013, quando la capitalizzazione dei bitcoin era ancora contenuta e gli scambi ancor più concentrati di quanto lo siano adesso su una sola piattaforma (Mt. Gox, poi fallita nel 2014).
L'ipotesi è di una ricerca pubblicata sul Journal of Monetary Economics. I suoi autori, Neil Gandal, JT Hamrick, Tyler Moore e Tali Oberman, hanno individuato "operazioni sospette", condotte soprattutto attraverso due bot (chiamati Markus e Willy).
Nei giorni in cui la ricerca ha individuato queste operazioni, il prezzo dei bitcoin è salito in media del 4%. Quando invece non ce n'è traccia, il valore della criptovaluta è calato. E così, giorno dopo giorno, in due mesi (alla fine del 2013) il prezzo è arrivato a sfiorare i 1.000 dollari.
Ma in cosa consistevano queste "operazioni sospette"? Secondo lo studio sarebbero state "finte transazioni", incluse però nel computo totale dalla piattaforma: un traffico (gonfiato, massiccio, ma non reale) che avrebbe infiammato i prezzi. L'obiettivo sarebbe stato duplice: oltre a generare guadagno, l'attività (in particolare del bot Willy) sarebbe stata utile anche per coprire un furto di oltre 600.000 bitcoin subito da Mt. Gox nel 2011 (un'ipotesi che circola da tempo in rete ma che, fino a ora, non aveva trovato conferme) e che avrebbe concorso al collasso del 2014.
Non si esclude quindi un ruolo diretto di Mark Karpelès, fondatore e ceo della piattaforma, nella manipolazione del prezzo.
Lo studio, oltre che a far luce su una crack che causò il peggior ribasso nella storia della criptovaluta, mette in guardia investitori e intermediari. Oggi la capitalizzazione dei bitcoin è molto più elevata. Ed è quindi più difficile che un solo investitore possa condizionare il mercato.
Restano però comunque alcuni nodi: gli scambi sono ancora molto concentrati su poche piattaforme e dipendono dal loro funzionamento (con malfunzionamenti evidenti durante i picchi di traffico); e, come sottolinea la ricerca, quasi tutte le altre criptomonete hanno un volume ancora abbastanza contenuto da esporsi a possibili manipolazioni come quella subita dal bitcoin nel 2013.