Dopo il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, davanti alla Commissione d'inchiesta sulle banche si tiene l'audizione più attesa, quello di Federico Ghizzoni, ex ad di Unicredit, chiamato a smentire o confermare quanto scritto da Ferruccio de Bortoli nel suo libro di memorie. Ovvero che l'allora ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, chiese a Ghizzoni di valutare un'acquisizione di Banca Etruria, l'istituto di cui era vicepresidente suo padre Pier Luigi. Una ricostruzione che il banchiere, pur non parlando di "pressioni", avvalora. Non solo, Ghizzoni tira in ballo anche Marco Carrai, un imprenditore vicino a Renzi dal quale dopo il colloquio con la Boschi, arrivò un "sollecito" perché decidesse sulla questione. Una rivelazione che ha scatenato le opposizioni, le quali - oltre alle dimissioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio - chiedono che anche Carrai parli di fronte alla Commissione. Dalla diretta interessata e dal Pd arriva invece una lettura diversa: avendo escluso "pressioni", Ghizzoni avrebbe dato in sostanza ragione alla loro versione.
"Boschi mi chiese di valutare l'acquisto di Etruria"
In un incontro avvenuto il 12 dicembre 2014, chiesto un mese prima dall'allora ministro, Maria Elena Boschi "mi chiese di valutare l'acquisizione di Banca Etruria" sottolineando "la sua preoccupazione sugli effetti della crisi in Toscana", racconta Ghizzoni, "fu un colloquio cordiale, non avvertii pressioni da parte del ministro Boschi e ci lasciammo su queste basi. Da quel momento in poi non ci sono stati ulteriori contatti, le strutture continuavano a lavorare su un'ipotesi di acquisizione". Ipotesi poi caduta perché inutilmente onerosa: "L'investimento era "eccessivo, oltre un miliardo di capitale e non vedevamo un ritorno".
Ghizzoni sottolinea poi che Boschi "mi manifestò la sua preoccupazione non tanto per le banche in crisi (Etruria e Mps) quanto su cosa questo avrebbe comportato in termini negativi di impatto sul territorio toscano in termini di erogazione del credito, preoccupazione per la riduzione di offerta e impatti negativi su imprese e famiglie. Era una preoccupazione legata agli impatti sul territorio piuttosto che su singole specifiche banche".
Confermo relazione iniziale di #Ghizzoni. Non ho fatto alcuna pressione. E non ho chiesto IO di acquisire Banca, ma Mediobanca e BPEL. Io ho solo chiesto info. Adesso la parola al Tribunale.
— maria elena boschi (@meb) 20 dicembre 2017
Ma le opposizioni la vedono diversamente.
Altra giornata nera per @matteorenzi @meb e per il #giglio appassito. Ex ad #Unicredit Ghizzoni conferma parola per parola quanto scritto nel libro di De Bortoli, e tira in ballo anche Carrai
— Renato Brunetta (@renatobrunetta) 20 dicembre 2017
#Ghizzoni conferma: #Renzi e #Boschi hanno mentito agli italiani. Non c'è più tempo per le loro bugie. Se ne devono andare per sempre dalla politica! https://t.co/WcIpHce6ey pic.twitter.com/qRAMEZxUAa
— Movimento 5 Stelle (@Mov5Stelle) 20 dicembre 2017
"Mi scrisse Carrai. Mi chiesi per conto di chi"
Da un punto di vista istituzionale, però, non è questo il passaggio più esplosivo dell'audizione di Ghizzoni. La Boschi. su Facebook, ha potuto replicare che, da politica, aveva semplicemente espresso preoccupazione per l'economia del suo territorio.
Secondo De Bortoli (al quale la Boschi ha fatto causa in sede civile per il contenuto del suo libro), il banchiere ha dato invece ragione a lui.
Del tutto irrituale è invece la mail giunta il 13 gennaio 2015 da Marco Carrai (ovvero una figura esterna, senza incarichi di governo) che, rivela Ghizzoni, "mi sollecitava una risposta". "Risposi che stavamo esaminando la situazione", prosegue l'ex ad di Unicredit, "mi sono chiesto chi avesse sollecitato la richiesta e ho ritenuto per Unicredit molto meglio non approfondire perché volevo dare il messaggio che la valutazione era in corso e la risposta era da dare alla banca. Ho scelto coscientemente di non chiedere".
"Non ho chiesto volutamente a Marco Carrai chi era che gli aveva chiesto di sollecitarmi", ha aggiunto il banchiere, "era una scelta razionale perché per me la risposta andava data esclusivamente a Banca Etruria e ai suoi vertici. Risposi in questo modo a Marco Carrai nella mail, e poi non lo sentii più". Pressioni, invece, queste? "Se ci fosse stata l'intenzione di esercitare una forte pressione sarebbe stato più facile fare una telefonata", conclude Ghizzoni, "una mail lascia spazio alla banca per decidere. Rimane il sollecito, ma non è stato fatto in maniera pesante". Ma chi chiese a Carrai di scrivere a Ghizzoni? Potrebbe venirlo a riferire l'imprenditore stesso in Commissione: la Lega ha già inoltrato una richiesta in questo senso.