Dopo un'ora di audizione i "non ricordo..." dell'ex presidente di Banca Popolare di Vicenza, sotto inchiesta per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, diventano talmente tanti che, su richiesta del deputato del Pd Gianni Dal Moro, l'audizione di Gianni Zonin presso la Commissione d'Inchiesta sul sistema bancario viene secretata. "Sono un po' anziano", si giustifica il banchiere con i cronisti al termine della convocazione. In realtà a costringerlo a tenersi abbottonato è l'imminente udienza preliminare, prevista venerdì, del processo che lo vede imputato a Vicenza insieme ad altri sei ex dirigenti della banca. Nel frattempo continuano ad attendere risposta le migliaia di persone che avevano affidato all'istituto i risparmi di una vita, "sicuri di sottoscrivere obbligazioni blindate ma tenuti all'oscuro dei rischi", sottolinea il Corriere. Con l'azzeramento del patrimonio della Popolare, 120 mila azionisti si sono ritrovati senza più nulla in mano.
"Zonin ha sempre ripetuto di non essere a conoscenza di quello che accadeva, e che all'interno della Popolare di Vicenza esisteva una cupola che per anni lo ha tenuto all'oscuro delle irregolarità", prosegue il quotidiano, "nella memoria difensiva presentata dai suoi legali si legge che Zonin ha condiviso e condivide la situazione dei risparmiatori e dei soci Bpvi che in due anni si sono visti azzerare il valore delle proprie azioni. "Ho perso anche io", è infatti stata la risposta riservata ai cronisti che, prima dell'inizio dell'audizione, gli chiedevano cosa provasse pensando ai risparmiatori truffati.
"Volevamo compare Banca Etruria ma non ho mai conosciuto i Boschi"
"I rapporti con le istituzioni sono sempre stati improntati alla massima trasparenza, era la filosofia del nostro Cda", ha esordito Zonin, che ha negato pressioni da parte di Bankitalia per una fusione con Veneto Banca: "Nessuna pressione da nessuno. Quello che volevamo era creare un grande istituto. Abbiamo capito però che non c'era la volontà dall'altra parte. Resto convinto che l'idea nostra potesse esser buona. Con Veneto Banca c'erano incontri annuali perché il nostro Cda vedeva con interesse e favore una fusione che avrebbe portato l'istituto ad avere oltre 1.000 sportelli mettendo insieme due peculiarità. Una visione che guardava con interesse anche al Veneto. Avere un grande istituto veneto avrebbe portato ricchezza".
Zonin ha confermato che l'istituto aveva studiato la possibilità di acquisire Banca Etruria ma la risposta della banca toscana fu negativa:"Su Etruria c'era la possibilità di acquisirla - ha aggiunto - c'era il vantaggio che saremmo diventati il secondo istituto in Toscana. Siamo arrivati a predisporre un'opa che valutava le azioni dell'istituto da 0,9 a 1 euro, superiore del 15% prezzi correnti. Ma la risposta fu negativa e abbiamo accantonato". Il banchiere ha poi negato di aver mai conosciuto il sottosegretario Maria Elena Boschi o il padre Pier Luigi, ex vice presidente di Banca Etruria. Né avrebbe mai invitato nella sua tenuta nel Chianti il dg di Bankitalia Salvatore Rossi: "Non mi sarei mai permesso".
"Mai saputo nulla dei prestiti baciati"
Il banchiere ha poi affermato di non sapere nulla dei cosiddetti "prestiti baciati", ovvero finanziamenti concessi a condizioni più favorevoli in cambio di sottoscrizioni di azioni della banca, che hanno rovinato tanti risparmiatori: "Ci furono due fatti, uno nel 2014 e uno del 2015, arrivò una lettera di un dipendente che diceva che c'era la possibilità di finanziamenti baciati. Ci fu un'analisi degli organi di controllo ma non venne fuori niente. Nella primavera del 2014 in assemblea un socio si rivolse al collegio sindacale per dire che c'erano finanziamenti baciati ma anche in questo caso dopo verifiche non è risultato nulla. "L'ho saputo il 7 maggio 2015 dal capo ispettore Bce che mi ha convocato d'urgenza a Milano. Ne ho subito chiesto conto telefonicamente al direttore generale".
L'audizione prosegue con domande sulle assunzioni di ex funzionari di Bankitalia, Gdf ed ex magistrati ("non era mio compito") e sugli incontri con il governatore Ignazio Visco e il presidente della Bce Mario Draghi. Zonin afferma di non ricordare i motivi e il contenuto dei colloqui. I "non mi ricordo" diventano troppi. L'audizione, da questo punto, viene secretata.