C'è un emendamento alla legge di Bilancio che è un 'bignami' del rapporto tra politica italiana e digitale. Ci sono alcuni parlamentari che hanno compreso l'importanza del tema e le resistenze degli altri. E ci sono le buone intenzioni di una proposta che, se le norme fossero state rispettate, non sarebbe dovuta esistere.
Cosa prevede l'emendamento
Ma andiamo con ordine. L'emendamento, che adesso dovrà superare la prova del Parlamento, mira a istituire un fondo di 50 milioni di euro e a creare, tramite concorso pubblico, un albo dei “dirigenti informatici” al quale potranno attingere tutti gli enti. Le risorse dovrebbe servire, grazie a un contributo del 30% sul costo del personale, a incentivare le amministrazioni ad assumere, per tre anni (rinnovabili), un dirigente che guidi la trasformazione digitale. Terminato l’incarico, è possibile essere iscritti nuovamente all'albo solo se è stata ottenuta una valutazione delle performance uguale o superiore al 90%. Cioè se si è fatto bene il proprio lavoro.
La proposta che conferma un fallimento
L'emendamento offrirebbe quindi incentivi e introdurrebbe il vincolo di pescare da un albo, senza nomine ad personam. Non obbligherebbe però le amministrazioni a dotarsi di un responsabile per la trasformazione digitale. Anche perché l'obbligo c'è già: è contenuto nel Codice dell'amministrazione digitale del 2005 che tutte le amministrazioni centrali avrebbero dovuto adottare entro il settembre 2016. Ecco perché questo emendamento non sarebbe dovuto esistere.
La Commissione di inchiesta sulla Digitalizzazione presieduta da Paolo Coppola (deputato Pd e primo firmatario dell'emendamento) ha invece evidenziato che, su 13 ministeri, solo 8 hanno provveduto alla nomina. E su 14 città metropolitane, lo hanno fatto solo in 5. “Difronte a un obbligo non applicato - afferma Coppola – si può fare finta di niente o provare a fare qualcosa. Il punto è: perché le nomine non sono state fatte? Perché non sono state ritenute importanti o per mancanza di disponibilità finanziaria? In questo caso l'emendamento fornisce un incentivo”.
Se la digitalizzazione non è una priorità
La Commissione aveva sottolineato non solo la scarsa quantità ma anche la poca qualità delle assunzioni. Le legge prevede infatti che i dirigenti debbano avere competenze specifiche. Mentre, in molti casi, si è evidenziato “il rischio di assenza dei requisiti richiesti”. Degli otto responsabili nominati dai ministeri, “uno solamente è risultato essere in possesso di una laurea idonea al ruolo ricoperto”. Contestare le nomine della PA è impossibile, anche se i dirigenti non hanno i requisiti necessari.
“Spero – afferma Coppola – che le amministrazioni, qualora l'emendamento venisse approvato, facciano la cosa giusta e attingano al fondo anche se non è obbligatorio. La nostra proposta è prima di tutto un messaggio: la digitalizzazione deve essere una priorità”. Ecco il punto: i 14 firmatari della proposta sono parlamentari che hanno fatto parte della Commissione di inchiesta sulla digitalizzazione o che si occupano da tempo del tema. Ma se i nomi ricorrenti sono sempre più o meno gli stessi, c'è un problema. Ed è lo stesso Coppola a dire qual è: “La digitalizzazione è vissuta ancora come marginale da buona parte della classe politica. Non è ancora percepita come un tema strategico. Se ne parla molto, ma la verità emerge quando si arriva al sodo, al momento di scegliere. L'approvazione o meno di questo emendamento ne sarà la prova”.