La Melegatti può tirare un momentaneo sospiro di sollievo, ma difficilmente i suoi lavoratori trascorreranno un Natale sereno. Nonostante il salvataggio in extremis, nell’azienda di panettoni e pandori di Verona è scattata già la cassa integrazione. In crisi di liquidità, la Melegatti è stata salvata con una mini campagna natalizia e, soprattutto, dall’intervento di un fondo maltese. Ma dire che la crisi è alle spalle sarebbe inappropriato. E così, dopo aver venduto 1,5 milioni di prodotti, una pausa è d’obbligo. “Da Natale in poi, nei supermercati i pandori e i panettoni costano pochissimo, meno del pane. Si lavorerebbe in perdita”, spiegano dall’azienda dolciaria veronese. Ma come si è arrivati a questo punto?
La crisi e il salvataggio
La storica azienda di pandori è finita in una crisi di liquidità senza precedenti e così non ha avuto altra scelta: a ottobre ha chiuso gli stabilimenti e ha portato i libri in tribunale. Quanto ai lavoratori (una novantina a tempo indeterminato e altri 220 stagionali), si sono ritrovati con le buste paga congelate e così anche i fornitori. Poi a novembre il primo miracolo di Natale: il tribunale di Verona ha dato l’ok al piano di salvataggio dell’azienda in concordato preventivo. Il fondo maltese Abalone ha garantito nell'occasione 6 milioni di liquidità per la campagna di dicembre e per consentire l'avvio della maxi-produzione festiva nello stabilimento di San Giovanni Lupatoto.
La sfida: 1,5 milioni di panettoni
In meno di tre settimane, riporta il Sole24Ore, la fabbrica ha prodotto e venduto un milione e mezzo di prodotti. “grazie all’impegno e al sacrificio di tutti i dipendenti e alla meravigliosa solidarietà di quanti si sono prodigati nell’acquisto”, si legge nel comunicato del sindacato. E un milione e mezzo: era esattamente il numero autorizzato dal tribunale, che ha vigilato su questa ripartenza. A far decollare le vendite ha contribuito un tam-tam sui social network che invitava i consumatori ad acquistare il prodotto per permettere ai lavoratori di trascorrere un Natale sereno.
E ora?
Nello stabilimento Melegatti, i lavoratori già pensavano alla produzione della colomba. Per la campagna pasquale – spiega Il Giornale - si dovrà attendere l'approvazione del Tribunale, ma si presume che una parte degli operai degli stabilimenti possa essere comunque impiegata. Una buona notizia c'è: lo stipendio di novembre è stato pagato ai lavoratori dell'azienda. Purtroppo mancano ancora le mensilità di agosto, settembre e ottobre. La situazione di Melegatti è molto delicata: “il 7 novembre scorso è stata depositata in tribunale a Verona la proposta di ristrutturazione del debito. Da quella data, quindi, entro quattro mesi (più due di eventuale proroga) la Melegatti deve pensare ad un piano di rientro dei debiti pensato per ciascun creditore. Il piano va accettato, entro quella scadenza, dai creditori che detengono il 60% del debito totale; in caso contrario, sarà fallimento”.
Nella palude a causa di due famiglie in lite
Secondo il Corriere della Sera, gli occhi ora sono puntati sul fondo maltese che “promette di sottrarre il marchio Melegatti alla palude dei litigi e delle ripicche tra soci di maggioranza e minoranza. Rispettivamente le famiglie Ronca e Turco. Montecchi e Capuleti dell’alimentare veronese che negli ultimi anni hanno portato sulla soglia del fallimento il marchio di Domenico Melegatti, il pasticciere che nell’ottobre del 1884 depositò il brevetto del pandoro al ministero del Commercio del Regno d’Italia. In particolare, dopo la morte nel 2005 di Salvatore Ronca, imprenditore e pilota d’auto da corsa che fino ad allora aveva guidato l’azienda, le liti tra soci si sono alternate alle scelte imprenditoriali sbagliate fino a mettere a repentaglio l‘esistenza dell’azienda”.