Porta svedese inviolata e portafogli svuotato. L'Italia senza mondiali non sarà l'apocalisse, però è un colpo economico, al settore e (in parte) al Paese. Per il primo si possono indicare alcune cifre, per il secondo quantificare l'impatto è più complicato. Ecco quali sono le voci da valutare.
I premi per la nazionale
Si parte dai dati certi, quelli dei premi che non arriveranno. Sui social, circola la versione degli anti-sportivi convinti che spedire la delegazione italiana in Russia sarebbe stato un costo. Non è così: nell'anno dell'ultimo mondiale, il 2014, l'Italia ha speso 27 milioni in “manifestazioni internazionali” e ne ha incassati più di 40. Nonostante l'eliminazione al primo turno, la nazionale di Prandelli incassò 7,8 milioni. La vincitrice Germania circa 30 e la finalista Argentina più di 18.
La qualificazione, anche in caso di eliminazione ai gironi, comporta un incasso certo. Quello russo sarebbe stato anche ricco: l'edizione 2018 sarà quella con il montepremi più abbondante di sempre (400 milioni di dollari, il 12% in più rispetto al 2014). Significa che le somme del mondiale brasiliano dovranno essere ritoccate al rialzo. L'Europeo di Francia del 2016 ha portato nelle casse della Figc 13,3 milioni su un fatturato di 153 milioni. Cioè i soli premi hanno costituito l'8,6% dei ricavi.
Meno diritti tv
In Italia il calcio ha un appeal televisivo senza pari. I primi 30 eventi più seguiti della storia sono tutti delle partite. Tutte, salvo la finale di Champions Juventus-Milan del 2003, sono match di qualificazione, europei e mondiali. È naturale allora che i diritti tv, tra accordi con Fifa e Uefa e Rai, costituiscano una parte importante del bilancio: nel 2016 (anno dell'europeo) sono stati pari a 25,8 milioni di euro. Senza Italia ai mondiali, la prossima asta per i diritti sarà su cifre più modeste. E a farne le spese non sarà solo la Figc ma anche la Fifa.
Sponsorizzazioni al sicuro (per ora)
Nel 2016 i ricavi da pubblicità e sponsorizzazioni sono stati di 43,2 milioni. Per i prossimi mesi, la Federazione è, in gran parte, al riparo. Il contratto con l'advisor Infront assicura un incasso minimo di 57 milioni (in media 14,25 milioni l'anno) per il quadriennio che si chiude nel 2018. Difficile andare oltre, ma non si andrà neppure sotto questa soglia. L'altro grande accordo, con lo sponsor tecnico Puma, vale un minimo di 18,7 milioni l'anno e dura fino al 2022. Nessun tracollo, quindi, ma un paio di pesanti incognite.
La nazionale perderà una fetta dei ricavi derivati dai diritti sulla vendita delle magliette azzurre: sono importi dovuti da Puma, che però con tutta probabilità venderà meno divise del previsto (l'impennata si ha proprio nel corso dei grandi tornei). Tradotto in euro? Difficile dirlo con certezza. Si può notare però che lo scorso anno le “royalty da sponsor tecnico” (cioè i diritti sulle magliette) hanno garantito alla Figc 1,57 milioni. Nel 2015, senza grandi manifestazioni, erano stati 965 mila. Inoltre, con una rappresentativa fuori dal calcio che conta, è difficile che, a scadenza, i contratti con gli sponsor si possano rinnovare alle stesse cifre.
Meno pubblicità
Allargando lo sguardo dalle casse della Figc a quello di interi settori, si sconfina nel territorio delle stime. L'assenza da Russia 2018 priva il mondo pubblicitario del più grande evento dell'anno. Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell'Upa (l'associazione che rappresenta gli investitori pubblicitari) ha affermato che il mondiale sarebbe valso circa l'1% degli investimenti annuali. Cioè circa 60 milioni di euro. Soldi che le aziende si terranno in tasca e che non finiranno in quelle degli editori. Non è però solo un problema del mondo della comunicazione. Perché l'Upa afferma che ogni euro investito in pubblicità ne genera 7 di Pil. Calcolatrice alla mano, sarebbero 420 milioni in meno di prodotto interno lordo.
La scommessa persa
Capitolo scommesse. Senza Mondiale, dovrebbe ridursi il monte scommesse degli italiani. Non è detto che sia una cattiva notizia in sé, ma lo è sicuramente per l'erario: nel corso degli europei 2016, il giro d'affari è cresciuto notevolmente, portato nelle casse dello Stato circa un milione di euro in più.
Effetti sui mercati
Goldman Sachs ha raccolto un po' di cifre, senza però la pretesa di individuare una relazione causa-effetto. In un report si afferma che, in media, durante la coppa del mondo Piazza Affari perde in il 2,5%. Anche se è cresciuta del 3% nel luglio dell'82 e del 2006, cioè quando l'Italia ha conquistato il titolo. Impalpabile è il legame tra calcio e titoli di Stato. I rendimenti a 10 anni sono in media più alti durante la competizione. E sono ancora più elevati nei mesi in cui l'Italia ha raggiunto almeno le semifinali, anche se in lieve ribasso rispetto all'inizio del torneo. La relazione causa-effetto è invece forte e chiara per i titoli che dipendono da spettatori, lettori e pubblicità. Rcs è in pesante rosso (-7,4%) perché l'assenza dal mondiale dovrebbe tradursi in meno vendite e meno incassi pubblicitari per la Gazzetta dello Sport. Mediaset, invece, è piatta: il calo delle quotazioni nella prossima asta televisiva potrebbe avvantaggiarla.
Effetti sul Pil
Quantificare gli effetti delle performance ai mondiali sul Pil è poco più di un esercizio di stile. Sono troppe le variabili in campo, sia materiali sia immateriali. Tra le prime, oltre ai settori più direttamente collegati (cioè sport e media) sarebbero da includere altre voci. Potrebbero ad esempio calare le vendite di televisori. Quando, nel 2006, Media World promise di rimborsare l'acquisto se l'Italia avesse vinto, i clienti accorsero: furono circa 10 mila. Allora fu una scommessa persa, ma è la conferma di quanto siano forti iniziative come questa.
Tuttavia, come sottolinea Confcommercio, gli incassi da televisori andrebbero ad avvantaggiare soprattutto marchi stranieri, con un impatto modesto sull'economia italiana. Si può giocare sulla valutazione del Pil affermando che, durante i match, l'Italia si ferma e produce meno (con ripercussioni negative sul prodotto interno lordo). Ma è anche vero che pub, bar e supermercati fanno affari d'oro. E poi ci sono i valori immateriali. In questo caso, ci sono più domande che risposte: alzare la coppa rende più forte il Made in Italy? E E, al contrario, l'eliminazione rafforza la sfiducia? Per Confcommercio, quest'ultima “è una conseguenza che non si può escludere”.
Le stime di Confcommercio
Confcommercio ha confermato che “la mancata qualificazione alla fase finale dei mondiali costituisce una perdita economica finanziaria che si estenderà su più anni”. Ma sostiene anche che “non implica necessariamente una riduzione apprezzabile del Pil”. Se da un lato non è possibile basarsi sui casi di mancata qualificazione (il precedente è solo uno e risale al 1958), dall'altra parte “non ci sono evidenze” di effetti di un'eventuale vittoria.