“Senza corporate venture non si va da nessuna parte”. Lo ha ripetuto qualche settimana fa in un tweet Salvo Mizzi, ceo di Invitalia Ventures. Tradotto: oltre ai fondi, per far crescere le startup italiane servono gli investimenti delle imprese. Piccole e grandi. Lo conferma il secondo Osservatorio sui modelli italiani di Open Innovation e di Corporate Venture Capital, promosso da Assolombarda, Italia Startup e Smau. I dati raccontano un settore in crescita: le imprese che investono hanno risultati finanziari migliori della media e le startup partecipate falliscono meno e crescono di più. Restano però volumi contenuti e potenzialità inespresse.
Un quarto delle startup è partecipato da imprese più grandi
Quasi un quarto delle startup innovative italiane (2.154, il 22,9%) è partecipato da imprese. Per fare un confronto: gli “investitori specializzati” (cioè soprattutto fondi di venture capital e incubatori) hanno un piede nell’8,6% delle startup. Una percentuale che, secondo il presidente di Smau Pierantonio Macola, non dovrebbe aumentare più di tanto. Il numero delle imprese che hanno scelto la strada dell'investimento diretto è invece in decisa crescita: sono 6.727, il 31% in più rispetto allo scorso anno.
Investire in startup non è solo un affare per grossi gruppi
“Il fenomeno - sostiene il report - è in crescita in tutte le dimensioni di impresa, con tassi più alti tra le Pmi” (+45% tra le piccole e +39% tra le medie). C'è infatti un mito da sfatare: per quanto siano soprattutto i grandi gruppi a farlo, investire in startup non è un affare solo per giganti. Ed è proprio qui che si concentrano le potenzialità inespresse. Ha puntato su giovani società innovative il 6,7% delle grandi imprese. Mentre la quota è ancora contenuta tra le medie (2%) e tra le piccole (0,7%), cioè tra le società che costituiscono la maggioranza del tessuto imprenditoriale italiano.
Le imprese dalle startup vogliono ricerca e sviluppo
Il rapporto tra imprese e startup non è quello tra pesce grande e pesce piccolo. L'investimento si dirige verso società innovative dello stesso settore solo nel 5% dei casi. Le startup, quindi, ridisegnano i confini dell'investitore. E così, se lo scorso anno i capitali puntavano soprattutto su software e informatica, oggi “si concentrano in startup che operano in R&S (ricerca e sviluppo)”. Ecco uno dei ruoli che le giovani imprese innovative possono svolgere per le Pmi: si stanno imponendo come una sorta di divisione di ricerca e sviluppo. “Un fenomeno – afferma l'Osservatorio - coerente con il piano Industria 4.0”.
Chi investe in startup ha una redditività maggiore
Le imprese che investono in startup preferiscono una quota di minoranza: hanno il pieno controllo nel 4,5% dei casi e la maggioranza nel 18,3%. La formula funziona: le aziende che puntano sul corporate venture capital hanno debiti finanziari leggermente più alti della media, ma registrano una redditività maggiore. Tradotto: investire in startup non è un peso ma una spinta per il proprio bilancio. Non a caso, chi ci ha già provato, tende sempre più spesso a fare il bis: è aumenta la quota di “investitori seriali”, cioè di imprese che posseggono una quota in più di una startup. Sono il 18% del totale, un terzo in più rispetto allo scorso anno.
Le startup partecipate crescono di più e falliscono meno
Per strategie industriali e tempi, la logica che guida gli investimenti di fondi e imprese è molto diversa. I primi permettono di avere un indebitamento e una patrimonializzazione più elevata. E puntano su startup più grandi, cioè con un fatturato medio più elevato (95mila euro contro 59mila euro) e più addetti (5,5 contro 2). Le partecipate da corporate venture capital, però, possono vantare una crescita maggiore (il 77% ha aumentato i ricavi nell'ultimo anno contro il 66% delle società sostenute da fondi e incubatori). E falliscono meno: nel 2015 solo il 4,1% delle startup partecipate da imprese è fallita o ha registrato uno zero alla voce ricavi. La percentuale sale al 16% per le startup che hanno nel capitale investitori specializzati. Secondo il report, può dipendere da due fattori: “Una minore propensione al rischio e una maggiore vicinanza al mercato”.
Il nord guida, ma tutta Italia si muove
Il nord resta l'area più prolifica sia per le imprese che per le startup. Non sorprende quindi che anche gli investitori corporate provengano soprattutto (per due terzi) da regioni settentrionali. Ci sono però alcuni elementi che indicano una certa vitalità nazionale. La quota delle imprese centro-meridionali che investono in startup è cresciuto dal 31 al 34% rispetto al report dello scorso anno. E, soprattutto, il 56% dei soci di corporate venture capital ha investito in una startup che ha sede in una regione diversa dalla propria. C'è quindi un cambio di prospettiva: dai distretti, nei quali la prossimità era un elemento che guidava il flusso di capitali, si va verso una geografia dell’innovazione più inclusiva e diffusa.