L'Italia sale al 43esimo posto, su 137, della graduatoria mondiale sulla competitività, secondo quanto risulta dal Global Economic Competitiveness Report 2017-2018. Una graduatoria che consiste in una valutazione, messa a punto ogni anno dal World Economic Forum, dei fattori che determinano la produttività e la prosperità dei paesi. L'Italia avanza di un posto rispetto all'anno scorso, ma - si legge nel rapporto - "il suo punteggio è superiore a quello registrato in qualsiasi altra volta nell'ultimo decennio", soprattutto grazie al miglioramento dell'efficienza del mercato dei beni e dell'istruzione e della formazione superiori.
Tuttavia, siamo meno competitivi non solo della Germania (al quinto posto), dei Paesi Bassi (quarto posto) e della Francia (22esimo), ma siamo sorpassati seppur di poco dal Portogallo (al 42 esimo posto, che è avanzato in quest'ultimo anno di ben quattro posizioni) e di gran lunga anche dalla Spagna (34esimo posto). Insomma, secondo la classifica l'Italia sì che sta migliorando ma altri Paesi stanno avanzando più velocemente.
Cosa ci impedisce di scalare la classifica?
Il Report indica i campi in cui arranchiamo e che sono principalmente, nonostante le ultime riforme, il mercato del lavoro (al 116esimo posto) e quello finanziario (sceso di quattro posizioni al 136esimo). Anzi, in questi due settori, si trova al di sotto di tutti i maggiori partner commerciali della Ue. Di contro, la nostra economia può contare su alcuni punti di forza molto consistenti come ad esempio le capacità innovative (al 32esimo posto) e il carattere sofisticato delle sue imprese (25esimo posto). Ma ciò che è particolarmente migliorato nel corso degli ultimi dodici mesi è soprattutto il funzionamento del mercato dei beni (al 60esimo posto, 7 in più rispetto al 2016) e delle istituzioni (al 95esimo, 8 posti in più).
Cosa ci premia
- Capacità innovative
- Carattere sofisticato delle imprese
- Funzionamento del mercato dei beni
- Funzionamento delle istituzioni
Cosa ci penalizza
- Il mercato del lavoro
- Il mercato finanziario
- Le leggi farraginose
Il nostro Paese però, si legge nel Report, resta uno di quelli al mondo con una legislazione tra le più farraginose. E' la Svizzera invece, secondo il Global Economic Forum, l'economia più competitiva al mondo, seguita dagli Usa e Singapore. Altre economie del G20 nei primi dieci posti sono la Germania (al quinto posto) il Regno Unito (all'ottavo) e il Giappone (al nono). La Cina è il più alto tra il gruppo Brics di grossi mercati emergenti, con un aumento di 27 punti.
Rispetto all'anno scorso, la Svizzera, il Paesi Bassi e la Germania rimangono stabili mentre gli Stati Uniti e Singapore hanno sostituito, rispetto al 2016, le seconde e le terze posizioni. Altrove nella top 10 il grande vincitore è Hong Kong, che salta tre posizioni al sesto posto, sorpassando la Svezia (7), il Regno Unito (8) e il Giappone (9), che scendono di un posto. Mentre la Finlandia si mantiene stabile nella quinta posizione, l'altro grande vincitore nelle prime 20 è Israele.
Come vanno le cose in Europa
In Europa, l'economia più competitiva (dopo la Germania e il Regno Unito) è la Francia, che si colloca al 22 esimo posto. Fanalino di coda, la Grecia si colloca all'87esimo posto. Le tendenze generali nel corso dell'ultimo decennio, si legge nel rapporto, "hanno visto un miglioramento degli aspetti degli ecosistemi innovativi europei, ma un preoccupante deterioramento di alcuni importanti indicatori formativi". Il Nord America rimane invece una delle regioni più competitive del mondo e avanzano anche 13 tra le 17 economie asiatiche orientali e quelle del Pacifico: tra queste Singapore, l'economia più competitiva della regione, è scivolata dal secondo al terzo posto, mentre Hong Kong ha avanzato dal nono posto al sesto posto - bypassando il Giappone, ora classificato nono.
Ma le statistiche dicono un'altra cosa
A soffermarsi solo sui numeri tuttavia questo tipo di studi presenta esiti che sembrano contraddire la realtà. In effetti le statistiche dicono che l'Italia è ottava nel mondo per Pil, nona per export, tredicesima per gli investimenti fissi lordi. E ancora, il Paese è quarto al mondo per valore aggiunto prodotto dall'industria manifatturiera e settimo per export manifatturiero. Insomma, sembra che la realtà associata ai fatti sia decisamente migliore di quella dipinta dagli "indici". In effetti, spiegano al Mef, tutte le ricerche che producono indici presentano necessariamente problemi metodologici. C'è un aspetto di queste ricerche che però presenta una natura controversa: molti di questi indici sono costruiti su parametri oggetto di osservazione e parametri frutto di autovalutazione.
Nel caso dello studio del Wef, il peso delle opinioni sull'indice è pari al 60%. In particolare, tre dei quattro pilastri dell'analisi nei quali l'Italia si posiziona peggio si basano prevalentemente sulle indagini di opinione. Il campione al quale viene somministrato il questionario, peraltro, e' molto contenuto. Su 1.000 questionari inviati, viene compilato e restituito circa l'8-10%. In altre parole: l'opinione di 80 italiani su una popolazione di 60 milioni determina il posizionamento dell'Italia in questa classifica. E gli italiani, si sa, non hanno una grande considerazione del proprio Paese.