Far pagare la nuova tassa sugli affitti turistici, la cosiddetta tassa Airbnb ma che coinvolge anche tutti gli altri portali di intermediazione come ad esempio Booking.com si sta trasformando in un’impresa titanica. La prima scadenza, quella del 17 luglio, è stata un flop e ora c’è attesa per capire cosa succede dopo il 16 di agosto, secondo termine per versare le ritenute del 21% sui canoni degli affitti turistici incassati a luglio.
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Le sanzioni per chi non paga
Le sanzioni - si legge sul Sole 24 Ore - per le inadempienze arrivano fino al 30%. Tuttavia, nel concitato avvio di questa nuova tassa, chi non pagherà potrà sperare nell’aiuto dello Statuto del contribuente (legge 212/2000), che all'articolo 3, comma 2 obbliga le amministrazioni a concedere 60 giorni di tempo agli operatori per adeguarsi alle tecnicalità prevista dalle norme. E, visto che la legge che ha introdotto la ritenuta Airbnb è stata emanata il 12 luglio, gli agenti potranno iniziare a trattenere il 21% sui corrispettivi incassati a partire dal 12 settembre ed effettuare il primo versamento entro il 16 ottobre 2017. La prospettiva non è stata ufficializzata dall’Agenzia dell’Entrate ma non causerebbe alcun danno erariale perché resterebbe fermo l’impegno di agenti e portali di segnalare all’Agenzia i dati sui contratti 2017 entro il 30 giugno 2018 e di inviare le certificazioni uniche ai clienti. Quindi nessuno sfuggirebbe ai controlli. Pagare la cedolare del 21% (o l'Irpef) resta comunque un obbligo dei locatori.
Cosa è cambiato rispetto al passato
Le tasse sugli affitti brevi venivano pagate anche prima, ma era più facile evaderle perché i contratti di locazione della durata inferiore ai 30 giorni non venivano registrati. Da sempre chi affitta un immobile anche per pochi giorni è tenuto a dichiarare il canone percepito e a pagare le tasse nella dichiarazione dei redditi, scegliendo tra la cedolare secca al 21% e il regime classico dell’Irpef al 23%.
Ora la novità consiste nell’obbligo per i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, cioè i portali come Airbnb e Booking o le più tradizionali agenzie immobiliari, di trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai contratti conclusi e a operare in qualità di sostituti d’imposta. Se invece si continua ad affittare senza un intermediario la responsabilità del pagamento delle imposte resta individuale come in passato e il locatore verserà le tasse o con cedolare secca o in base alla propria aliquota. In particolare, devono comunicare attraverso i canali telematici dell'Agenzia delle Entrate, il nome, il cognome e il codice fiscale del locatore, la durata del contratto, l’importo del corrispettivo lordo e l’indirizzo dell’immobile.
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Le proteste di Airbnb
La novità non è mai andata giù a Airbnb che lamenta una violazione in termini di privacy e territorialità. In risposta, il colosso già a giugno 2017 aveva proposto accordi diretti con l'Agenzia delle Entrate. E lo ha ribadito in un comunicato: "Confidiamo che si possa aprire un confronto serio su accordi caso per caso, nel rispetto delle diversità del mercato e degli operatori, a beneficio di chi ospita, chi viaggia e del settore turistico nel suo complesso”. “Adeguarsi è impossibile", ha spiegato Airbnb in un comunicato congiunto con Homeaway e con l'associazione degli agenti immobiliari Fiaip.
"Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate non ha fornito i chiarimenti auspicati né prevede alcuna tempistica di adeguamento per gli operatori coinvolti, rimandando a ulteriori specifiche tecniche che verranno comunicate in un non precisato futuro", si legge nel comunicato. "Questa confusione nel pieno dell’estate - si legge - non è certo la risposta a quanti parlano di turismo come volano di crescita”.
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