Le politiche europee e italiane premono per sviluppare un sistema di economia circolare che determinerebbe un cambiamento epocale. Si prevedono, a fronte di investimenti in ricerca e sviluppo iniziali, importanti benefici economici, per l’occupazione e ambientali. L’ultima esortazione arriva dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti: “Fare economia circolare conviene alle imprese, oltre che all’ambiente. Perché significa consumare meno materie prime, avere processi produttivi più performanti e produrre meno rifiuti, che sono un costo e potrebbero invece trasformarsi in risorse”.
Cosa si intende per economia circolare? Proviamo a spiegarlo, confrontandola con quella lineare che è la più diffusa oggi.
Cos'è l’economia lineare
Il sistema economico che noi oggi abbiamo adottato è quello lineare: prendiamo le materie prima, costruiamo qualcosa, la usiamo e poi la gettiamo via. Si parla di linea perché terminato il consumo finisce anche il ciclo del prodotto che diventa semplicemente un rifiuto. In questo modo la catena economica è costretta a riprendere sempre lo stesso schema:
- estrazione
- produzione
- consumo
- smaltimento.
Facciamo degli esempi per capire meglio. Esce un nuovo cellulare? Lo compriamo e buttiamo quello vecchio. La nostra lavatrice si rompe? Ne compriamo una nuova.
Ogni volta che facciamo così andiamo ad intaccare una riserva di risorse naturali. Spesso questo modo di agire genera rifiuti tossici e pericolosi. E’ un sistema che non può funzionare nel lungo periodo.
Il modello ispirato dal mondo naturale
Nel mondo naturale non ci sono discariche, i materiali vanno e vengono. Ciò che è scarto per una specie è alimento per l’altra. L’energia viene fornita dal sole, le cose crescono, muoiono e restituiscono i loro nutrienti al terreno. E tutto ricomincia da capo. Il modello naturale funziona benissimo da millenni, ed è proprio ad esso che ci dobbiamo ispirare.
Come funziona l'economia circolare
La definizione più diffusa di economia circolare è questa: “Un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo con due tipi di materiali:
- biologici, quelli che posso essere reintegrati nella biosfera
- tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”.
Cerchiamo di spiegare meglio come dovrebbe funzionare. Immaginiamo di essere in grado di progettare prodotti in modo da poter riconsegnare, una volta usati, i materiali di cui sono fatti a chi li ha fabbricati e restituire all’ambiente le parti biologiche, incrementando così la produzione agricola. Immaginiamo anche che questi prodotti siano costruiti e trasportati adoperando energie rinnovabili e pulite. Ecco come dovrebbe funzionare un sistema perfetto di economia circolare.
Ma come possiamo far sì che i rifiuti biologici aumentino il nostro capitale anziché ridurlo? Dobbiamo cominciare a ripensare e riprogettare i prodotti, le loro parti e le loro confezioni, utilizzando materiali sicuri e compostabili che aiutino a far crescere meglio cibi e piante. Mentre quando si parla di materiali tecnici, si fa proprio riferimento alle lavatrici, ai cellulari e ai frigoriferi che non sono certo costruiti con materiali biodegradabili. In questo caso si deve parlare di un altro tipo di recupero: un sistema per riciclare i preziosi metalli, polimeri e leghe di cui sono fatti, in modo che mantengano le loro qualità e continuino ad essere utili al di là del funzionamento previsto per il singolo prodotto di cui fanno parte. In questo modo i prodotti di oggi potrebbero diventare le risorse del futuro.
Pe concludere, il termine circolare sta a indicare proprio questo flusso continuo che prevede l’estrazione, la produzione, l’uso e poi il riuso o il riciclo. Un sistema che farebbe bene all’ambiente, alla società e anche all’economia.
Esempi che spiegano come può essere applicata
In Europa e in Italia ci sono già esempi pratici di economia circolare: grandi aziende aderenti a GEO, il Green Economy Observatory che sperimentano e mettono in pratica modelli di economia circolare oppure piccole realtà o nuove startup che puntano sul riciclo e sul riuso per fare impresa. Vediamo quali sono. Tra gli esempi più noti, c’è quello di Barilla che ha lanciato il progetto “Cartacrusca”: produce carta dalla crusca, cioè dallo scarto derivante dalla macinazione dei cereali lavorata insieme alla cellulosa.
In Toscana c’è l’esempio di Lucart che recupera al 100% il Tetrapak da cui deriva carta per carta igienica, tovaglioli e fazzoletti. Altro esempio interessante è quello di Mapei (società italiana di produzione di materiali chimici per l’edilizia) che ha sviluppato Re-con Zero: si tratta di un additivo innovativo che trasforma in pochi minuti il calcestruzzo reso (cioè il calcestruzzo fresco non utilizzato, considerato uno scarto) in un materiale granulare che può essere utilizzato come aggregato per la produzione di nuovo calcestruzzo.