Quando Facebook, nell'ottobre 2014, aveva ricevuto dall'antitrust europea il via libera all'acquisizione di Whatsapp aveva assicurato che di non poter collegare gli account degli utenti attivi su entrambe le piattaforme. Nell'agosto del 2016, invece, Menlo Park dispose il collegamento tra i profili del social network e quelli del servizio di messaggistica, causando irritazione anche tra numerosi utenti. Ma, come ricorda La Stampa, "lo staff di Facebook era infatti al corrente sin dal 2014 della possibilità tecnica di poter collegare automaticamente i profili Facebook con quelli Whatsapp, sebbene lo avesse negato". La Commissione Europea ha così inflitto al colosso di internet una multa da 110 milioni di euro per aver fornito "informazioni inesatte e scorrette" alla commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager.
We need accurate #facts to do our job. @facebook now fined 110 mio € for giving wrong/misleading information when it took over WhatsApp.
— Margrethe Vestager (@vestager) 18 maggio 2017
"Un segnale forte alle imprese"
La decisione di oggi non incide sull'ok all'operazione di acquisizione, che la Commissione aveva dato nell'ottobre 2014 ma, spiega Vestager, "manda un segnale forte alle imprese, mostrando che devono rispettare tutti gli aspetti del regolamento Ue sulle concentrazioni, compreso l'obbligo di fornire informazioni esatte. E impone a Facebook una ammenda proporzionata e dissuasiva. La Commissione deve poter prendere le sue decisioni in piena cognizione di causa". La multa avrebbe potuto essere pari all'1% del fatturato, ovvero 250 milioni di euro, ma la sanzione è poi stata mitigata per l'approccio collaborativo della società, che ha ammesso i suoi errori.
Le indagini delle autorità italiane
Soltanto pochi giorni, ricorda La Repubblica, "era stato il Garante italiano della concorrenza e dei mercati a puntare il dito contro i termini e le condizioni imposti agli utenti del servizio di messaggistica. Chiudendo due indagini relative alla piattaforma, che sono valse una multa da 3 milioni di euro, l'Antitrust tricolore ha concluso che gli utenti erano portati a credere che senza l'accettazione delle nuove condizioni - che comportavano la condivisione dei dati con il social network - sarebbe stato impossibile proseguire l'utilizzo dell'applicazione".