Roma - Letteralmente lo spread è il differenziale, cioè la forbice, il divario che separa il rendimento di un bond da quello di un altro titolo preso a riferimento.
Più nel dettaglio, è la differenza tra il rendimento dei titoli di stato decennali italiani, cioè i Btp a 10 anni, e quello dei Bund, gli analoghi titoli tedeschi. In sostanza lo spread misura il rischio di default di un paese, che nel caso dell'Italia è particolarmente alto.
Il differenziale di rendimento è il 'termometro' di quanto costa al nostro paese finanziarsi sui mercati internazionali, cioè quanto costa indebitarci. Il rendimento di un titolo di stato equivale infatti agli interessi che un paese deve pagare per raccogliere prestiti sul mercato. Ovviamente gli interessi che l'Italia deve pagare sono particolarmente alti, a causa del debito pubblico stellare, mentre quelli della Germania sono bassi, addirittura sotto zero.
Nel gergo economico lo spread indica un rischio di fallimento proiettato nel futuro. Il largo pubblico ignorava questa parola prima del 2011, cioe' prima che la crisi finanziaria globale, con la crisi greca, colpisse l'Europa e più in particolare i paesi più indebitati, definiti 'periferici', come l'Italia e la Spagna. I livelli di spread si equivalevano. Poi hanno iniziato a differenziarsi e questo 'differenziale' ci ha fortemente penalizzato.
Nel luglio 2011 lo spread salì di oltre 100 punti, impennandosi a 200 punti, ad agosto a 315 punti, superando per la prima volta quello spagnolo. A novembre lo spread cominciò a correre sulle montagne russe e affossò il governo Berlusconi, sfondando quota 500 punti fino a un record negativo di 574 punti.
Con l'arrivo di Mario Monti al posto di Berlusconi, lo febbre dello spread cominciò a scendere, continuando però ad impennarsi a seconda delle valutazioni delle agenzie internazionali di rating.
A partire dal gennaio 2012 il piano di salvataggio per la Grecia ha iniziato gradualmente a sgonfiare lo spread: 400 punti a gennaio, sotto i 300 a marzo, poi è risalito per motivi diversi: le elezioni in Grecia, il salvataggio delle banche spagnole, i tassi della Bce. A calmare le acque è arrivato l'annuncio del piano di acquisti della Bce.
Nel 2015 lo spread è tornato stabilmente sotto i 100 punti, in zona sicurezza. Grazie ai mega-interventi della Bce e alla maggiore stabilità garantita in gran parte dal governo Renzi, il paese ha ripreso a navigare in acque tranquille. Qualche turbolenza si è segnalata all'inizio di quest'anno, quando lo spread è risalito a quota 150 per il rallentamento dell'economia globale.
Poi ci ha pensato la Bce con nuove inizezioni di liquidità a ributtarlo giù. A giugno la Brexit lo ha riportato a quota 160 e adesso è il timore e l'incertezza sull'esito del referendum costituzionale italiano del 4 dicembre a riposizionarlo intorno a quota 160. (AGI)