Roma - Scrivere del Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip), l'accordo di libero scambio in corso di discussione tra Usa e Ue, e' piuttosto complicato, a causa dell'elevato livello di segretezza che caratterizza la trattative, tale che persino per i membri di governi e parlamenti nazionali e' molto difficile avere accesso alle carte. Le rivelazioni di Greenpeace confermano parte di quanto gia' si sapeva (o si supponeva) sulle richieste statunitensi, in alcuni casi ancora piu' radicali del previsto: consultazioni preventive con le industrie Usa sulle norme Ue che potrebbero
riguardarle; porta, se non aperta, almeno socchiusa per gli Ogm in Europa; ritorno ai test sugli animali per i cosmetici; libero uso di marchi come 'Chianti' e 'Marsala' per i vinificatori americani; standard meno rigidi per pesticidi e sicurezza alimentare. Che le posizioni di Bruxelles siano distanti da quelle di Washington e' noto. Non ancora note sono le eventuali controproposte del vecchio continente. In attesa che il complesso negoziato si evolva, esistono comunque dei
punti su cui e' possibile fare sufficiente chiarezza.
- UN SOLO MERCATO DALLA WEST COAST AI BALCANI
L'obiettivo del Ttip e' la creazione di una vasta area di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, basata sull'istituzione di regole unitarie e un drastico abbassamento dei dazi. Si arriverebbe cosi' a un mercato unico di 850 milioni di persone. L'obiettivo e' espandere ulteriormente i flussi commerciali tra le dua aree, il cui valore ammonta gia' a 636 milioni di euro al giorno. Secondo uno studio del 2013 finanziato dalla Commissione Europea e effettuato dal Center for Economic Policy Research, con base a Londra, l'accordo avrebbe un apporto positivo pari, entro il 2027, a 120 miliardi di euro per la Ue e a 95 miliardi di euro per gli Usa.
- IL VERO OBIETTIVO: IMPORRE UNO STANDARD AI 'BRICS'
"Se ce la facciamo, diventiamo i padroni degli standard mondiali". Questa vecchia dichiarazione di Pascal Lamy, ex capo della Wto, riassume con sintesi mirabile quello che e' forse il vero obiettivo del Ttip: creare una serie di norme e standard euroamericani che riescano a costringere i paesi emergenti ad adottarli se vorranno avere un accesso piu' agevole ai loro mercati. "I coreani, i giapponesi e i cinesi dovranno adeguarsi alle norme euroamericane", aveva detto ancora Lamy. Coreani e giapponesi, intanto, hanno firmato con gli Usa il Tpp, un patto dagli intenti simili al Ttip. Attesa al varco, quindi, e' soprattutto Pechino.
I numerosissimi punti negoziali possono essere ricondotti a tre fronti principali. Il primo riguarda l'accesso al mercato, ovvero l'eliminazione di dazi sui beni e la possibilita' delle imprese Ue e Usa di partecipare ad appalti pubblici sull'altra sponda dell'oceano. Il secondo riguarda la "cooperazione
normativa", che assicurera' agli esportatori delle due aree di poter contare sulle stesse regole in campi che vanno dall'etichettatura dei prodotti alla sicurezza alimentare e che sollevano problematiche molto rilevanti, come l'uso dei pesticidi e l'utilizzo di ormoni nell'alimentazione del bestiame Usa. Il terzo e ultimo fronte ha a che fare con le norme su denominazioni di origine controllata, protezione della proprieta' intellettuale e risoluzione delle dispute tra aziende e autorita' nazionali.
- SCARSA TRASPARENZA NELLE TRATTATIVE
I negoziati (rigorosamente a porte chiuse) si svolgono attraverso tavoli di cinque giorni tra i rappresentanti di Ue e Usa, l'ultimo dei quali, il tredicesimo, si e' svolto a New York la settimana scorsa. L'intera trattativa viene svolta, da parte europea, a livello di istituzioni comunitarie. Palazzo
Berlaymont ha pubblicato a piu' riprese dei documenti di aggiornamento sullo stato del negoziato ma su numerosi punti rimane un riserbo strettissimo.
L'accesso alle carte e' assai ristretto per parlamentari e membri degli esecutivi nazionali. In Germania e' stata aperta lo scorso febbraio, presso il ministero dell'Economia, una stanza dove i politici tedeschi possono consultare le carte. Per chi rivela agli elettori cosa ha letto, c'e' il carcere.
Anche per queste ragioni a scagliarsi contro il Ttip non sono solo no global e ambientalisti ma associazioni delle imprese e, in maniera crescente, alti esponenti del governo. Di pochi giorni fa e' il duro attacco del primo ministro francese, Manuel Valls, il quale ha promesso che Parigi fara'
saltare il banco se non verranno mantenuti gli attuali standard di protezione dei consumatori. "La possibilita', o il rischio, di raggiungere un accordo si sta affievolendo", ha commentato,
sempre la settimana scorsa, il ministro transalpino del Commercio Estero, Matthias Fekl. "Finora e' solo un 'Buy American Pact'", e' la recente dichiarazione del ministro dell'Economia tedesco, Sigmar Gabriel, lamentando che gli Usa non sembrano voler contraccambiare alle loro richieste con
aperture analoghe, in particolare per quanto riguarda l'accesso delle imprese europee agli appalti pubblici americani. E' probabile che il crescente scetticismo dei leader europei sia legato anche al forte indebolimento del dollaro negli ultimi mesi, che rende le merci Usa piu' competitive. E'
il frutto dell'attendismo della Federal Reserve, che non sta alzando il costo del denaro al ritmo promesso, vanificando in parte gli sforzi della Bce. Per quanto riguarda Francia e Germania, la principale preoccupazione e' costituita pero' dalle elezioni politiche del 2017. Un Ttip ritagliato sulle esigenze di Washington sarebbe un clamoroso regalo elettorale ai partiti euroscettici Front National e Alternative Fur Deutschland.
... MA OBAMA VUOLE CHIUDERE ENTRO NOVEMBRE
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ne ha fatto una questione di orgoglio: il Ttip deve essere chiuso entro la fine del suo mandato, ovvero a novembre. L'intesa diventerebbe cosi'
uno dei traguardi piu' importanti, se non il piu' importante, dell'amministrazione Obama. Anche oltreatlantico, pero', l'arrivo delle elezioni complica il quadro. Il programma economico del favorito alle primarie repubblicane, Donald Trump, ha sfumature protezioniste e la stessa sfidante
democratica, Hillary Clinton, ha criticato alcuni aspetti dell'accordo. (AGI)