Perugia - L'Italia deve porsi nei confronti della Cina come un sistema organizzato e coordinato: lo ha sottolineato l'ambasciatore italiano a Pechino, Ettore Sequi, intervenendo ai "China Days" organizzati dalla Regione Umbria a Perugia e a Terni. Per Sequi "il coordinamento tra le Regioni italiane può senz'altro aiutare a questo scopo ed è su questo che dobbiamo lavorare insieme. Ci dobbiamo porre come un sistema organizzato". L'ambasciatore ha osservato che resta ancora molto da fare per colmare il divario della bilancia commerciale italiana con la Cina, attualmente passiva per circa 15 miliardi di euro, in un momento in cui Pechino sta vivendo un profondo mutamento dei propri modelli e strutture economiche.
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Le Regioni sono il motore della internazionalizzazione, ma a patto di svolgere "un'azione coordinata con il sistema Paese, recuperando la storia delle realtà produttive locali e condividendo le priorita'", affinché beneficino di tutte le opportunità che l'Italia può cogliere con la Cina. E' questo l'indirizzo espresso dal presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, in apertura dei lavori. Una iniziativa che l'Umbria replica per il secondo anno e che si allarga in questa edizione anche a Terni, con la tornata di domani focalizzata sul turismo. La giornata di oggi è dedicata al confronto sul ruolo delle Regioni italiane in Cina, motore dell'azione di sistema Italia e della cooperazione territoriale tra i due Paesi. Numerose le esperienze già maturate in questi anni o in ulteriore sviluppo in Umbria, con scambi nei settori della tecnologia, dell'agroalimentare, delle eccellenze culturali nonche' partnership con le più importanti aree territoriali della Cina. Catiuscia Marini ne ha ricordate molte, sottolineando la necessita' di sinergie con ministeri, ambasciate e con l'Ice che hanno consentito anche alle piccole imprese umbre di accedere al mercato cinese.
"La mia simpatia per l'Umbria nasce molte anni fa perché è tra le regioni italiane che hanno maggiore entusiasmo nel costruire rapporti con la Cina", ha sottolineato il pr
esidente della Fondazione Italia Cina Cesare Romiti intervenuto al China Days. Romiti ha rievocato gli anni in cui lavorava come amministratore delegato della Fiat, "anni non facili per i rapporti tra Italia e Cina che veniva ancora percepito da noi come una minaccia", ha spiegato. "Negli anni '80 la Cina voleva costruire nella città di Nanchino una fabbrica di automezzi non pesanti. Si rivolse a noi, che all'epoca eravamo Iveco" ha detto il presidente. "Ci avevano visitato, come noi avevamo visitato loro, e ci dissero che erano disposti a mandare il personale in Italia per un periodo di formazione". Arrivarono in Piemonte, vicino a Torino, mille persone. "In questa regione tradizionalmente chiusa - ha detto Romiti - i mille cinesi rimasero un anno intero. Un'esperienza che credo non si sia mai più verificata, né in Italia né nel resto d'Europa. Quando delle persone arrivano in un territorio e vi passano tutto questo tempo, si istituiscono rapporti personali; molti di questi signori impararono l'italiano, e molti italiani impararono il cinese".
Un anno dopo fu inaugurata la fabbrica a Nanchino, che è "sempre stata considerata dal governo cinese un modello". Le regioni italiane rappresentano un serbatoio infinito di cultura e tecnologia, e quindi possono contribuire attraverso un approccio integrato ad approfondire i rapporti bilaterali. "Tutti i cinesi con cui ho parlato nel corso della mia carriera, sono convinti che due paesi con culture profonde come i nostri non possono non avere rapporti solidi e duraturi".
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(AGI)